In questi ultimi tempi arrivano suggestioni davvero molto interessanti dalla Norvegia, e l’ultima in ordine di tempo si chiama Robert Post. Che sia una persona fuori dall’ordinario lo si capisce già dal fatto che non ha mai dato particolare peso alla televisione; cresciuto circondato di musica, natura, amici e rapporti umani, non stupisce che la sua fantasia e la sua sensibilità si siano sviluppate fino a camminare con equilibrio sul filo sottile che divide la realtà dalla fantasia; il video del suo singolo di lancio, Get none, tutto girato tra luna park, esasperazioni oniriche, colori sgargianti e sussurri romantici. Quello che stupisce, semmai, è venire a sapere che Robert suona da parecchio tempo, e che le sue esperienze precedenti sono anni luce da quel che è oggi. Quando aveva 10 anni suonava in una band chiamata Destroyers, una scopiazzatura adorante dei KISS, con cover e tanto, tanto makeup sul viso. Poi Robert ha capito che con le donne non avrebbe mai fatto fortuna così, e sull’onda del grunge ha cambiato band e stile, formando i Sissy Dogfish. Ma il fermento artistico era in pieno bollore, e Robert non si è (fortunatamente!) fermato lì. Si è concesso la famosa pausa di riflessione, ha fatto lavoretti per mantenersi (muratore, piastrellista, impacchettatore di uova) ma alla fine il richiamo della musica è stato fortissimo: e così, ripresa sotto braccio la chitarra, si è dedicato a scrivere, scrivere, scrivere di sentimenti e sensazioni, e così eccoci con “Robert Post”. Ti dico la verità. Prima di sentire il tuo cd mi aspettavo la solita solfa elettronica o qualcosa di acustico e monotono. Scettica e prevenuta, mi sono ritrovata ad ascoltare una sorta di incrocio nordico tra James Blunt e Daniel Powter, con dei testi bellissimi. “Mi fa molto, molto piacere sentirti dire questo!”. Già, e sai cosa mi colpisce? Il fatto che ogni Paese ha bene o male un suo suono distintivo, un suo genere, prendi ad esempio l’Italia con la melodia e i sentimenti. In Norvegia questo discorso non funziona, c’è veramente di tutto e di buona qualità. Secondo te, perché? “E’ una questione interessante. Forse dipende dal fatto che le bands norvegesi guardano oltre i confini nazionali per identificare un proprio suono e per avere successo; in Norvegia devi essere per forza aperto e attento a tutto quello che ti sta intorno per distinguerti e per emergere, siamo un piccolo Paese e dobbiamo arrangiarci in qualche modo. Non è che non abbiamo una musica nazinal popolare, no, non è questo, ma forse siamo meno ‘legati’ rispetto a tanti Europei alle nostre origini. Poi, se vuoi fare le cose in grande l’uso dell’inglese è imprescindibile”. E difatti la tua musica suona molto come un prodotto “internazionale”. “E’ l’unico modo per farcela. Certo, sono cresciuto in Norvegia e la musica norvegese l’ho ascoltata e non la rinnego, anzi, fa parte di me; però arrivano anche tanti input dall’esterno, dall’Europa continentale e non solo, e cresci ‘contaminato’, meticcio, fusion”. Che tipo di musica ascoltavi da piccolo? So che non avevi la tv in casa, immagino che di musica ne avrai ascoltata parecchia! “Questa cosa della tv la devo spiegare: allora, in casa avevo una tv, ma non la guardavo tanto spesso, non mi piaceva. Per cui, mentre i miei amici erano informatissimi su programmi e cartoni animati, io mettevo le cuffie e ascoltavo quello che trovavo per casa, e la radio. Il mio primo disco è stato un disco dei Beatles, non puoi ascoltare i Beatles e poi cambiare idea ed accendere la tv, non trovi?” So che prima di dedicarti a “Robert Post” hai mollato la musica per dedicarti a un po’ di lavoretti. Tanti direbbero “Ah, no, non è un vero musicista allora”. Che mi dici? “Che in qualche modo mi dovevo mantenere, quindi mi sono arrangiato e ho preso quel che riuscivo a trovare. Certo, impacchettare uova o vendere piastrelle non era la mia, e lo sapevo, però mi servivano i soldi, sia per vivere che per affrontare il mio sogno in tutta tranquillità. La musica è sempre stata al centro del mio mondo, comunque. Anche quando impilavo i mattoni al cantiere, nella mia testa c’era musica. Non potrei vivere senza, e non lo dico per la storia del successo e dei soldi, è proprio un elemento essenziale della mia vita. E’ il mio modo di parlare e comunicare, lo faccio cantando”. E della tua esperienza musicale precedente, cosa vuoi dire a tua discolpa? “Ehm, diciamo che non ero io, o meglio, sono cambiato. I KISS e i Pearl Jam mi piacevano e mi piacciono, ma forse non sono il mio stile ..” Concordo pienamente, meglio ora. E l’amore? Questo tema così importante e centrale in “Robert Post” … “L’amore è la cosa più importante della vita di ognuno – non solo l’amore tra donna e uomo, ma anche tra amici, genitori e figli, come si fa ad immaginare un mondo senza amore? E’ un po’ come un mondo senza musica”. E tu la hai trovata una persona a cui vale la pena di dedicare le tue canzoni? “No, sinceramente no, la sto ancora cercando. Ho avuto una fidanzata per 8 anni, e tante canzoni che ho scritto le ho scritte pensando a lei; non perché la ami ancora o cose simili, ma perché è lei il mio punto di riferimento sentimentale, la donna più importante che c’è stata nella mia vita”. Ultima cosa, una curiosità: ti chiami davvero Robert Post? “Eeh … no. Robert è il mio vero nome, ma ho un altro cognome”. E perché Post? “Perché in inglese significa posta, imbucare una lettera, ed indica un modo di comunicare. Anche io comunico, ma con la musica”. Elisa Bellintani 17 novembre 2005 |