Avvertenze: da assumere a piccole dosi. Controindicazioni: possibilità di depressione incipiente. Gli Amandine sono una cosa davvero troppo preziosa per rischiarne l’intossicazione. Vengono dalla Svezia, gli Amandine, ma sono lontanissimi dal sound di plastica che solitamente si sente provenire da quelle parti. Gli Amandine esplodono col cuore, non accecano col technicolor laser o stordiscono con le stroboscopiche, bensì avvolgono con l’intimità di un focolare familiare. Il loro genere è pop acustico, strigliate di calore altamente emotive; e la cosa più incredibile è il suono, così … mmh … folk-american, e parliamo di un gruppo del Nord Europa che è riuscito a ricreare un’illusione di Southern Comfort! Roba da non credere. Tutto merito di impressioni di pianoforte e dei morbidi gomitoli degli archi, e del mood lirico del disco di debutto, “This is where our hearts collide”. L’eleganza degli Amandine è maestosa, setosa, impietosa. Gli Amandine nascono come Wichita Linemen nel 2001, nella maniera più semplice ed occasionale possibile: due amici seduti al tavolino di un caffè a parlare di musica, stessi gusti, stessa direzione di pensiero, voglia di provarci … ecco l’idea di un gruppo. Dopo vari assestamenti nella lineup, finalmente nel 2004 escono fuori gli Amandine come li conosciamo oggi: Olof Gidlöf (voce, chitarra, banjo, e tromba), John Andersson (piano, glockenspiel e accordion), Andreas Bergqvist (batteria e percussioni), Andreas “Bosse” Hedström (basso, back-up vocals, e theremin). Amandine che si accaparrano subito un contratto con la Fat Cat, e questo registrando al volo un demo dentro ad una chiesa in una delle rare volte in cui si sono ritrovati per suonare insieme (vivono in paesi diversi e il momento delle prove diventa una delle occasioni per trovarsi). Da lì è stato il botto, dato che se ne sono innamorati praticamente tutti (e sentitamente ringrazio colui che me li ha fatti conoscere). In clamorosa sintonia con le sensazioni di queste giornate autunnali, “This is where our hearts collide” è delicato e gradevole come un tiepido sole di ottobre; per tutti i nostalgici di “Endless numbered days” (un must have di Iron & Wine), questa è la miglior cosa in circolazione attualmente. Mi raccomando, da assumere a piccole dosi per non farsi male, e per godere di ogni momento che esce dalle casse del vostro stereo. Elisa Bellintani 19 ottobre 2005 |