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RICHARD HAWLEY |
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IL FRANK SINATRA DI SHEFFIELD AMATO DA REM, COLDPLAY E RADIOHEAD |
Richard Hawley è un navigato 35enne del music biz inglese. Scrive canzoni per Nancy Sinatra (e non è un caso), collabora alle sessioni di registrazione con Robbie Williams e All Saints, è il chitarrista dei The Pulp e, soprattutto, è il cantante preferito di Michael Stipe (REM), che lo ha voluto in apertura al suo tour mondiale. Servissero altre referenze, basti sapere che per Tom Yorke (Radiohead) Richard “è l’unica cosa che ascolto in questo momento”. Non potevamo non approfondire la conoscenza di questo crooner a metà strada tra Frank Sinatra ed Ennio Morricone che ci accoglie di nero vestito, occhiali da sole inclusi, da vero romantico old fashion qual è. Buongiorno Richard. Non so se ti hanno avvisato, ma da qualche giorno il singolo del tuo terzo album “Cole’s Corner” è praticamente su tutte le radio italiane. Già, siamo stupiti. Non avevamo realizzato tutto questo entusiasmo da parte dell’Italia per la mia musica, tanto che non avevamo in programma di passare da qui per la tournée. Fortunatamente stiamo correndo subito ai ripari. Tu sei molto legato alla tua città, Sheffield, e il titolo dell’album è un luogo d’incontro per tutti gli abitanti; strano, di solito si comincia a suonare per scappare dal proprio luogo d’origine. E’ a causa dei tour: quando si è giovani ambisci a fare cose glamorous e girare il mondo. Per me invece è stato diverso, i tour mi hanno permesso di avere una diversa prospettiva, sono stato in giro per il mondo così tante volte che, non dico mi mancasse casa, ma mi ha fatto realizzare che volevo sposare mia moglie e quanto amassi i miei figli. Cose che per gli altri sono scontate. Mi sento molto rilassato a Sheffield, sento il senso di appartenenza, mi fa capire chi sono e da dove arrivo. La gente di Sheffield inoltre ha un senso dello humour molto nero che non la fa prendere troppo sul serio, per cui non puoi sentirti troppo importante, altrimenti ci pensano loro a farti ricordare il tuo culo. Per tutti questi motivi non mi è mai venuta l’idea di vivere a Londra, che è una merda. A Londra ci si perde e io non vedo motivo per perdermi. Probabilmente perché addirittura registri i tuoi album nella tua hometown. Già, lì ho tutto ciò che mi serve. Il mio equilibrio è vivere tra Sheffield e il resto del mondo; nel senso che ho fatto otto tour mondiali, ho girato più del Capitano Cook E cosa ha ispirato le nuove canzoni di “Coles Corner”? Non mi capita mai di sedermi con la chitarra in braccio e dirmi “ok, ora scrivo una canzone”. Mi esplodono in testa. Come il brano Coles Corner, mi è esploso nella testa mentre spingevo il passeggino dei miei due bambini al parco (e qui canta quasi tutta Coles Corner con la sola voce, mimando gli strumenti). Sono dovuto correre a casa al volo e registrare il tutto. Oppure mi sveglio nel cuore della notte con intere parti della canzone e non riesco più a dormire fino a quando non le ho registrate. In questo modo registro molto in fretta; ho impiegato solo 22 giorni per scrivere, arrangiare e registrare l’intero album. C’è una canzone molto interessante che si intitola Born Under Bad Sign. Sei tu quello nato sotto una cattiva stella, vero? Già, è un messaggio che ho scritto per me stesso poiché passo troppo tempo in giro per i bar a bere, ad alzarmi tardi nel pomeriggio e stare sveglio tutta notte. Tonight invece è il brano di pop più classico e sofisticato. Ci hai azzeccato, infatti è stata la canzone scritta più di getto. Parla di me e del fatto che non mi fermo mai. Quando sono a casa vorrei essere in tour e quando sono in tour vorrei essere a casa, mi manca sempre qualcosa. Quando registrai il primo disco lo feci passeggiando spesso per un cimitero di notte. Mi piacciono i posti dove puoi trovare un po’ di pace. La pace è difficile da ottenere; tutti ti comunicano il messaggio “consuma” per cui sedersi e semplicemente essere te stesso, non fare nulla e pensare a te senza essere bombardato da messaggi è divenuta la cosa più difficile. Ti piace la musica inglese di questa nuova ondata (Editors, Kasabian, Killers…) Mi piacciono i The Kills, anche se mi fa ridere che si possano mischiare tra loro i componenti di tutte queste band e il risultato non cambi, come nelle squadre di calcio. Sembra musica fatta per i bambini, per questo mi sono un po’ disconnesso dalla musica contemporanea, mi sembra di aver vissuto questa musica già dieci anni fa. Tu hai suonato per molto tempo con i The Pulp; toglimi una curiosità, cosa stanno facendo ora? Jarvis (Cocker – cantante) ora vive a Parigi e sta scrivendo la colonna sonora del nuovo Harry Potter. So cosa stai pensando, anch’io faccio fatica a crederlo. La tastierista non si ferma mai: quando finisce un tour mondiale prende lo zaino e inizia a girare di nuovo il mondo. Io almeno per i primi 5 minuti sono contento di essere di ritorno a casa; dev’essere pazza. Il batterista si sta laureando e lavora per il business dei genitori, ovvero costruisce tazze da tè. Steve invece compone colonne sonore per sfilate e ultimamente abbiamo remixato una canzone di quei Canadesi bravi, cazzo, come si chiamano…gli Arcade Fire! Come hai iniziato a suonare? Avevo sei anni, e mio padre mi ha avvicinato alla musica. E quante chitarre hai ora? Ne ho 63, più ho delle chitarre lapsteel e qualche strumento turco, mi piacciono molto. Sono un appassionato di chitarre Gretsch, mi piacciono le Gibson, invece non mi piacciono le Stratocaster. Non ne ho neanche una. Nella tua musica si sentono molte influenze morriconiane Esatto, sono un collezionista di colonne sonore, e in particolare colleziono quelle di Ennio Morricone, un compositore incredibile. Lui riesce ad arrangiare qualsiasi cosa. Infatti Last Orders, ultima traccia del disco, è strumentale. Lo faccio sempre, in ogni album, considero l’ultima canzone una sorta di commiato, un momento per i titoli di coda. 11 ottobre 2005 Alberto Motta |
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