Strano destino quello di Kanye West. E’ passato un anno e mezzo dalla pubblicazione di “The college dropout”, che ha fatto sfracelli di vendite ed acclamazioni in America, ma che da noi è passato praticamente inosservato; esce ora il secondo lavoro del produttore e rapper Kanye West, “Late registration”, sempre con l’orsacchiotto feticcio in copertina. Prodotto in gran parte con la collaborazione di Jon Brion, “Late registration” è un album confezionato con collaborazioni con i fiocchi: dal premio Oscar Jamie Foxx (nel singolone arraffatutto in America “Gold digger”) ad Adam Levine dei Maroon 5, poi Bernie Mac e Lupe Fiasco, ce n’è davvero per tutti i gusti; come se tutti facessero a gara per esserci. Eppure Kanye West è uno che nell’ambiente hip hop viene mal tollerato. E’ inutile, è diverso, lui è arrivato da un quartiere bene, vestito con la polo col colletto rialzato e firmato Gucci dalla testa ai piedi, è uno troppo ok per essere gangsta come tanto va adesso. Lui gangsta non lo è per niente, anzi, è fin troppo smart, e questa cosa Jay-Z e gli altri non gliela hanno mai perdonata. Kanye non è uno di loro. E’ geniale, ma non è del gruppo. Poco importa. Kanye West è fior fiore di produttore; ha prodotto (tanto per citare solo alcuni dei suoi successi stra-noti anche qui in Italia) “Stand Up” di Ludacris, “’03 Bonnie & Clyde” di Jay-Z, “You Don’t Know My Name” di Alicia Keys e, diciamocelo, da noi non se lo è filato nessuno. Da produttore ha poi fatto il salto del microfono in mano e ha pubblicato il suo album di debutto, “The College Dropout” e, diciamocelo di nuovo, se lo sono filato in pochini. E’ ora di darsi un bello scossone. Anche perché dopo che il signor Kanye West si è aggiudicato premi a destra e a manca (non troppi per la verità, con suo enorme disappunto), è impossibile dargli solo una sbirciatina. Bisogna guardarlo, guardarlo fisso, e il bello è che se lo merita davvero. Kanye West nasce infatti come produttore di alcuni gioiellini della East Coast a cavallo del nuovo millennio. Oltre ai già citati Jay-Z, Ludacris e Alicia Keys, anche Mase, Talib Kweli, Damon Dash, Jamie Foxx, Beanie Sigel, Scarface. Kanye, che è originario di Chicago, è capace come pochi di riconoscere una base perfetta per un innesto con l’hip hop; e oltre a ciò, Kanye è anche capace di creare dei beat strepitosi, così, dal nulla. Insomma, una vera leggenda, seconda forse solo a quel genio outsider che è Pharrell Williams. Nell’ottobre 2002 succede però qualcosa che fa capire tante cose a Kanye. Mentre sta guidando sulla via del ritorno al suo albergo di Los Angeles, Kanye perde il controllo della sua auto e rimane coinvolto in un terribile incidente; miracolosamente sopravvissuto allo schianto, Kanye si ritrova comunque a dover affrontare una convalescenza lunga e dolorosa, ben esemplificata dalle immagini che lo ritraggono sofferente con una tripla frattura alla mandibola. Kanye capisce quanto la vita sia preziosa, lui che ha rischiato di perdere tutto in un attimo. Kanye è convinto ancor più di prima che il suo hip hop deve essere un inno alla positività e alla vita, e non il riflesso di un mondo violento, arrabbiato e al limite, come quello di 50 Cent, per intenderci. Kanye intuisce che per avvicinare la gente all’hip hop bisogna raccontare momenti di vita vera, vita da tutti condivisibile, e incorniciare la gioia della musica con un messaggio ottimistico, ma non per questo stucchevole. Ecco perchè Kanye imbraccia il microfono e si mette a capo di un reale rinnovamento dell’hip hop, che ha in “The College Dropout” (2004) la bibbia di riferimento. A chi accoglie il suo album storcendo il naso, il 26enne Kanye risponde che è ben consapevole dei pregiudizi che accompagnano i produttori hip hop che scelgono poi di cantare, ma non riesce proprio a capire perchè le stesse obiezioni non sono mai state mosse allora anche a Stevie Wonder e a Prince. E presenta come biglietto da visita il fatto che nonostante non abbia studiato, è un produttore di successo; “The College Dropout” risulta in questo senso un manifesto di coraggio e tenacia, che incita a perseguire i propri obiettivi senza che gli altri interferiscano con preconcetti e consigli non richiesti. Al di là dei contenuti solari e reali (“voglio che pensiate a cosa vi è successo la scorsa settimana; bè, io ho nel mio album una canzone su questo”), quello che colpisce e affascina di Kanye West è la teatralità giocosa dei beat. Sembra di assistere ad una piéce drammaticamente solenne, lontana anni luce dal gioco scanzonato di un Eminem. Eppure il tutto è riadattato alla dimensione viva dell’hip hop, per cui sembra di avere per le mani degli assiomi di quotidianità. Il flow di Kanye contribuisce molto a legare questa allure mistica all’immediatezza: scanzonato senza mai essere irriverente, amante dei giochi di parole ma sempre e comunque trasparente. E ti fa esclamare “Ehi, ma questo dice qualcosa!”. La musica di Kanye West è rivoluzionaria perchè non chiede di schierarsi ad un estremo: mainstream o underground, ghetto life o luxury life, fuori dal gioco o dentro. Kanye West è tutto questo, è come un prisma che assorbe la luce da ogni direzione e butta fuori un arcobaleno di colori. Kanye West ha tracciato un nuovo solco nell’hip hop, ha eretto un nuovo mondo che vale la pena soffermarsi ad ammirare. Un rivoluzionario dell’hip hop. Questa è la vostra occasione tardiva per scoprirlo, se ancora non lo avete fatto: la vostra “Late registration”. Elisa Bellintani 20 settembre 2005 |