La tv, la cultura, il pianoforte, immagini forti da cui prendere spunto per 10 piccole storie “Noi camminiamo sul bordo tra essere e non essere, e non siamo consapevoli di quanto siamo vicini al limite”. Così si spiega “Life in slow motion”: “Siamo così condizionati dalla immagini dei film che quando accade qualcosa nella nostra vita, un incidente o una nascita, tutto ci sembra irreale. Lo schifo che ci viene propinato quotidianamente offusca le nostre percezioni”. Non certo allegre le premesse di David Gray, cantautore osannato soprattutto per quel capolavoro che è stato il suo album “White ladder”. Ma sì sa, è fatto così, e i suoi dischi sono belli anche per quello che dicono. Questa volta, però, qualcosa è cambiato: “Non si può essere esordienti a vita: le mie ambizioni musicali sono diverse, e di conseguenza questo disco è differente dai precedenti. Racconto 10 piccole storie da prospettive distinte, ho voluto un produttore esterno, Marius De Vries, e tutta la band è stata coinvolta nel lavoro. Ho voluto fare un disco semplice”. Il pianoforte gioca un ruolo importante in quest’album: è il cuore delle tue nuove canzoni? “Sì, il pianoforte è il mio compagno musicale. Questo è un disco di pianoforte, è al centro dell’album più della chitarra”. Il testo del singolo, The one I love, si ispira a qualcuno a cui hanno appena sparato e ai suoi ultimi pensieri: tosta come immagine! “Questa è la scena che avevo in testa. La canzone è piena di emozioni ispirate dalla mia vita, e la trovo interessante: ha una grande melodia e una bella orchestrazione. Quanto all’immagine di partenza, se preferisci non pensarci fallo pure: ognuno interpreti le canzoni come crede”. Come mai in Hospital food critichi la tv e la cultura di oggi? “Ci fanno ‘mangiare’ schifezze e noi reagiamo così: ‘hai visto che schifo di programma? Ah sì, hai visto?’ Ci lamentiamo ma lo guardiamo! Nel contesto del disco, questa canzone stacca dalle altre e apre al finale di Now and always, il brano più ambizioso dell’album”. |