O si ama o si odia. Ma come si fa ad odiare, con quel faccino così dolce e carino? Craig David è uno di quegli artisti “a largo raggio” capace di mettere d’accordo tutti quanti; del resto il suo stile è fatto proprio per piacere a quanta più gente possibile, e visto il suo grande successo internazionale non possiamo che segnalarlo quale “missione compiuta”. Craig David è un po’ l’enfant prodige della musica inglese. Ha appena 24 anni, e si è già guadagnato stima e rispetto da parte di pubblico e critica, sin dai tempi di quel folgorante esordio del 2000, “Born to do it”, album che riscrisse le coordinate della musica urban. La percezione di Craig David quale artista allo stesso tempo rassicurante, fresh e sexy ha poi fatto sì che il disco, trainato da un ottimo lavoro di immagine da bravo ragazzo desiderabile, arrivasse al Platino, e non solo in patria. Il seguito del 2002, “Slicker than your average”, passò un po’ più sottotono, è vero; ma nel ventaglio di pezzi che Craig presentò c’era anche quella “Rise and fall” cantata assieme a Sting, canzone che gli valse il premio quale Collaborazione dell’Anno nel 2003. Oltre a Sting, tra i suoi fan dichiarati ci sono grandi nomi della musica, da Beyoncé a P.Diddy, da Bono a Missy Elliott, fino al mitico Quincy Jones. Ve lo avevamo detto che Craig piace a tutti! Oggi, dopo 13 milioni di dischi venduti in tutto il mondo, Craig David ritorna e rompe la sua lunga assenza dalle scene con “The story goes”, anticipato dal singolo “All the way”; una carrellata su quella che è stata la sua vita in questo periodo, tra feste, presentazioni, divertimenti ma anche momenti di ripiegamento e di riflessione su quello che è oggi e quello che è stato in passato. A soli 24 anni Craig David è maturato, e con “The story goes” ce lo vuole dimostrare, registrando quello che è stato un periodo di ferma artistica ma di estremo fermento interiore. L’intelaiatura su cui è costruito tutto l’album è la meta di canzoni di spessore, dove le liriche (scritte dallo stesso Craig assieme al fido Mark Hill) sovrastano per accuratezza la produzione; Craig ha voluto fare un disco di grandi canzoni, un contenitore che rivelasse quanto prende sul serio il suo “mestiere” di cantastorie urban. Così come è stato per “Born to do it”, le canzoni devono restare in testa alle persone come istantanee di vita, e non come melodie canticchiabili; e in “The story goes” Craig David ci introduce personalmente a queste istantanee sulla sua vita. C’è posto per l’amore (ovviamente), c’è posto per le pazze nottate in giro (vedi “All the way”) ma c’è posto anche per tematiche meno prevedibili e scontate come in “Johnny”, pezzo che affronta il problema della violenza nelle scuole, il dilagante fenomeno del bullismo. “Volevo parlarne perché ci sono passato anche io, so cosa vuol dire fare il tragitto da e verso la scuola sapendo che c’è qualcuno dietro l’angolo pronto ad aspettarti e a farti male. E’ un problema serio e non ho soluzioni da dare in merito, ma so che bisogna parlarne, sempre, e farlo uscire allo scoperto”. “Mi piacerebbe che la gente ascoltando il mio disco vedesse che mi è stata donata una vita meravigliosa, la capacità di fare musica, qualcosa per cui sono infinitamente grato, e vorrei che la gente capisse che non farò mai nulla per approfittarmi della mia posizione. Non voglio dare spiegazioni e consigli, voglio solo farmi conoscere”. Uno scorcio personale ed intimo sulla vita di Craig David, quindi. Da non perdere assolutamente, soprattutto per i cultori del genere e della personalità del bel Craig. Elisa Bellintani 29 agosto 2005 |