Attenzione. Si sconsiglia la lettura di questo articolo a tutte le band che da tempo cercano disperatamente un contratto discografico. Perché la storia dei Clor è di quelle che ti fanno mangiare le dita dall’invidia, perché loro sì, ce l’hanno fatta. E dopo solo sei concerti. Praticamente un record. I Clor sono la nuova promessa dell’indie declinato in salsa dance, un pop agguerrito, elettronico e scoordinato, un’iniezione di energia interstellare leggermente insaporita dal punk. Hanno fatto un solo disco, dal titolo povero di fantasia “Clor”, e hanno sfornato un singolo che è già un must per tutti i ricercatori di novità per tutti ma non troppo, “Love and pain” (il cui video è una summa di mosse di ballo da imitare per fare la figura degli sfigati ma rigorosamente alla moda). I Clor sono Barry Dobbin (vocals/chitarra), Luke Smith (chitarra/vocals), Max Taylor (basso), Bob Earland (tastiere) and Harry Bennet (batteria), sono manco a dirlo di Londra e si sono aggiudicati un contratto con la Parlophone senza nemmeno cercarselo. “Avevamo dato un nostro demo ad un tipo perché ci procacciasse un ingaggio in un locale” racconta Barry, “e poi lui deve averlo passato ad un amico, e questo ad un altro amico, e così via, finchè è arrivato nel posto giusto”. Cose che capitano tutti i giorni, insomma; quando si dice fortuna sfacciata … Ma invidie a parte, i Clor sono davvero bravi. Caustici quanto basta, corrosivi e acidi, molto spesso vengono definiti l’erezione del rock elettronico, un punk felice e giocoso che respira con l’entusiasmo di un bambino. Anche la formazione del gruppo è un po’ un colpo di fortuna. Barry e Luke avevano un pub a Londra, il Bad Bunny, e si erano messi a produrre qualche canzone speciale da trasmettere solo nel locale, poi le persone hanno mostrato di gradire, l’interesse si è fatto denso denso, altri personaggi si sono aggiunti alla line up di fortuna e piano piano sono usciti i Clor; con un folto pubblico al seguito. Il genere che è uscito è difficilmente ingabbiabile in un’etichetta ben definita. Perché come ci tengono a precisare loro, ok, è elettronico, però ci sono anche le chitarre, e i bassi, e puoi ballarlo facilmente, sentendo al tempo stesso un beat primitivo ma anche un flavour molto, molto ricercato. Ma i piedi sono ben piantati per terra. Nessun grillo per la testa, nessuna scena da rockband disperata, nessuna groupie sfegatata al seguito. I Clor fanno musica solo per divertirsi e divertirvi. Elisa Bellintani 4 agosto 2005 |