Absentee significa innanzitutto un gradito ritorno al caro, vecchio lo-fi, da troppo, troppo, troppo tempo trascurato. Absentee significa poi assenti, ma noi li abbiamo scovati. Absentee significa intimità, il caldo piacere della solitudine e del silenzio, e, lo riconosciamo, non è proprio sinonimo di estate. Absentee significa anche “Donkey stock”, e “Donkey stock” significa non sbagliare il colpo. L’ultima infatuazione ha il sapore della sostanza; finalmente! Stanca di parole, parole e chitarre che suonano più o meno tutte uguali, è bello ogni tanto riscoprire quanto è bello ascoltare socchiudendo gli occhi e lasciarsi andare. Absentee è bello. Davvero. Sono cinque, Dan Michaelson (voce, chitarra e tastiere), Melinda Bronstein (voce, chitarra, armonica e glocenspeil), Babak Ganjei (chitarra e lap steel), Jon Chandler (batteria e percussioni varie), Laurie Earle (basso e cori). Fanno musica, a lor dire quel genere di musica che si sente nei film quando due si avvicinano e stanno per baciarsi, ma anche quel sonoro di fondo quando uno viene investito in pieno da una macchina di passaggio nella scena finale. Cinque ragazzi semplici con una vita normale e senza troppi brividi (rockstar e rocker maledetti? Puah!), che si mettono a fare un country-folk rock tutto da sentire sotto pelle. Agli Absentee piacciono gli asini, tanto da chiamare il loro EP espanso di debutto “Donkey stock”; il loro sito è disseminato di animaletti ed asinelli che sembrano usciti dalla favola di Biancaneve, e loro stessi si sentono un po’ asini: “placidi, e leggermente tonti, ma anche anziani e saggi e con un calcio di tutto rispetto”. L’ispirazione presa dalla poesia di Leonard Cohen, dall’oscurità di Johnny Cash e dall’intensità di Lou Reed, gli Absentee suonano (dicono) come gli Smog. Però sono contemporanei, e tutto meno che noiosi o boriosi, visto che impazziscono per contrapporre melodie soavi e dolcissime a spaccati di vita fin troppo quotidiana. E così ci sono sì le armonie rotonde di armonica intrecciata con chitarra acustica di cui vengono pizzicate le corde indispensabili, e sovrapposte si leggono cose come facciamo sesso nella toilette ma senza venire così non resti incinta (“In the toilet”), oppure dettagli di biancheria intima strappata (“My dead wife”). Zozzi son zozzi. A proposito di “My dead wife”, è davvero commovente lo scongiuro di Dan e Melinda alla fine della canzone, quando ripropongono la loro versione della scanzonata “You’re the one that I want” di Olivia Newton-John in “Grease”; cover with personality più bella forse la hanno fatta solo i Cake con la loro variazione di “I will survive”. L’atmosfera di “Donkey stock” calzerebbe alla perfezione le ambiguità soffuse di Twin Peaks, con quella voce roca e fonda che sembra intrisa di Bourbon e quelle impressioni di provincia quale colonna sonora di fondo. Vero che per gli Absentee serve tempo, vero che il loro velluto è fuori stagione, vero che si apprezzano dopo un po’, che fare … rispolverarli al momento giusto? Tenere segreto questo amore? Volare con la mente a settembre dimenticando che c’è ancora agosto da passare? Solo una cosa, per favore: non fate l’errore (madornale) di lasciarli scivolare via. Non fate gli assenti proprio voi, lasciateli fare a loro. Non fatelo. Elisa Bellintani 21 luglio 2005 |