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ANNIE |
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ANNIE ... UN PO' LOLITA E UN PO' TRENDSETTER, SCINTILLE ROSA CONFETTO DA BERGEN |
Si possono indossare le sembianze di una bella ragazza norvegese, classico capello biondo ed occhio blu, chiamarsi dolcemente “Annie” e ritrovarsi al centro di un polverone mediatico che ti presenta come la popstar del nuovo millennio? Ad Annie questo è capitato. E se ancora non siete al corrente delle prodezze artistiche della nostra Annie, niente paura, provvediamo immediatamente noi a darvi un kit essenziale per non fare brutte figure. 25 anni, Anne Lilia Berge Strand (teneramente ribattezzatasi Annie, che fa molto, molto più chic), nativa di Bergen (sì sì, “quella” Bergen, quella che è patria di Royksopp, Sondre Lerche e Kings of Convenience, tanto per dire tre nometti così), Annie è il tipico caso di fenomeno pompato e prontamente sgonfiato. Una storia triste, se si fermasse qui, ma noi in questo caso dell’anno ci abbiamo voluto sbirciare, e ne abbiamo visto qualcosa di buono: spontaneità. Freschezza frizzante, un suono tutto suo che però prende subito, cristallina e disimpegnata come un bracciale in plexiglas colorato alla moda. Annie non è l’ultima arrivata, nel senso che fa la DJ, ed è una DJ apprezzata al punto di aver suonato anche per feste con ospiti come Robbie Williams e Christina Aguilera. Solo che un giorno si è ritrovata da sola in casa con il suo ragazzo, ed invece di fare quello che tutte noi avremmo fatto si è chiusa in camera, e ha iniziato a registrare una base accattivante; si è poi precipitata giù dalle scale per far sentire al suo ragazzo quello che aveva faTto, ci ha cantato sopra un paio di righe e ha originato l’embrione di quello che sarebbe poi stato “The greatest hit”. Un demo inviato alla Tellé Records norvegese, e l’interesse attorno a questa biondina delicata e sexy si fa subito alle stelle; hot, hot, hot, i discografici fiutano il talento, o meglio, la gallina dalle uova d’oro. Un battage mediatico senza precedenti (chi è, cosa fa, con chi è uscita, foto dappertutto, segnalazioni che spuntano come funghetti) fa di Annie la nuova eroina della musica scandinava, e l’intento è quello di esportare il prodotto di successo fuori dai confini della Norvegia; si inizia trovandole un gruppo che le copra le spalle e li si manda in Finlandia a provare, e poi la si pone alla cortese attenzione di un’etichetta inglese, la Big Beat, che se la accaparra in quattro e quattr’otto e prova il Grande Lancio in terra inglese. Solo che qualcosa va storto … agli inglesi Annie non piace granché. Anzi, rettifico, Annie non piace per nulla. “Anniemal”, il disco di debutto della nordica Annie, arranca nelle parti basse delle chart, però di lei si accorgono in tanti, critici soprattutto. Che la inseriscono nelle loro playlist dei dischi del 2004, e che eleggono “Heartbeat” (prodotto tra l’altro dagli amici Royksopp) quale singolo dell’anno. Un’emerita sconosciuta dalle stelle alle stalle e di nuovo su, alle stelle. Passata l’indigestione di chi urlava ai quattro venti “Annie! Annie! Comprate Annie! Ascoltate Annie!”, finalmente si può ascoltare Annie sul serio. Ok, mettiamoci seduti e ascoltiamo “Anniemal”. Concordiamo: Annie è un prodotto curioso ed interessante. Nulla di indimenticabile o di epocale, nulla da colpo di fulmine o da ascolto furioso per mesi, però Annie si vende bene. Nel senso, è dolcissima, con una voce morbida e sussurrata che è un invito a seguirla in atmosfere zuccherose illuminate da luci al neon; sovrapposta a basi elettroniche, che rendono “Anniemal” un disco ibrido tremendamente “in”. Tanti la hanno paragonata a Kylie Minogue per sensualità ed appeal, delicatezza e imposizione di stile, eppure Annie non è riuscita a conquistare gli occhi, le orecchie e i cuori degli inglesi come ha invece fatto la bella australiana mignon. Per ora, almeno. La seconda ondata di Annie, quella più consapevole e non la zappetta pronta che ci vogliono dare troppe volte a bere i media, è in arrivo, alta come un’onda anomala. Basti accendere sul singolo di lancio, “Chewing gum”. Contagioso, autocelebrativo, uno schizofrenico simil-falsetto al gusto tuttifrutti; beat immediato, e quella voce sexy da morire frusciata con studiata innocenza, da perfetta Lolita del nuovo millennio. Poi non c’è altra possibilità che lasciarsi traghettare nella scia positiva e solare delle canzoni di “Anniemal”; fino alla chiusa furbissima di “My best friend”, triste quanto basta per convincerti a ricominciare daccapo. E così cadi nel canto da sirena di Annie. Ed è fatta. Poppettare ultraesposte con chili di carne al vento, attenzione: l’antidiva lolita è sulle vostre tracce, e rischia di farvi vedere i sorci verdi. Rischia. Elisa Bellintani 29 giugno 2005 |
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 2004 Anniemal | | |
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