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DANIEL POWTER |
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DANIEL POWTER ... POP SENSATION DA TENERE SOTT'OCCHIO |
Daniel Powter non è solo il volto che dà la voce al tormentone pre-estivo “Bad day” (eddai, ce l’avete presente? “You had a bad day, you’re taking one down …”); Daniel Powter è anche un bellissimo ragazzo con due occhi celesti che non vi dico, e con una personalità notevole quanto a semplicità ed entusiasmo. Un vero principe azzurro, che per di più ha anche inciso un disco, semplicemente intitolato “Daniel Powter”, come se stesso, perché è di se stesso che ama e vuole parlare. In assoluta sincerità. Americano, giovane, con tanta voglia di arrivare senza però scendere ad imbarazzanti compromessi (come quello di trasformarlo in un belloccio pop), Daniel ha infilato dal nulla questa canzone strepitosa, “Bad day”, grintosa e arroccata ad un giro di pianoforte contagioso, intensa. Quello che stupisce di “Bad day”, e di tutti gli altri pezzi dell’album, è il forte contrasto tra le ritmiche di immediata presa e le liriche taglienti. Un tipo davvero interessante, questo Powter. Approfondiamo, approfondiamo! Fino a qualche tempo fa non si sapeva nulla di nulla di te, e adesso ci ritroviamo qui ad intervistarti. Ti aspettavi un successo simile? E’ un’esperienza fantastica che non mi sarei mai aspettato! L’unico mio desiderio era quello di registrare un disco assieme ai miei amici senza cedere alle pressioni da parte di nessuno, anche perché ai tempi non avevo nemmeno un contratto discografico per le mani; è davvero bello vedere che il nostro lavoro viene ripagato dal pubblico con tanto affetto, e che le nostre energie sono state spese bene. Sei uno degli act più acclamati sul palco del Festivalbar. Che cosa si prova a vedere migliaia di persone cantare “Bad day” insieme a te? E’ qualcosa di sconvolgente! Sanno la canzone, sanno le parole, cantano con me e non fanno che guardarmi! Poi c’è tutta l’organizzazione dietro le quinte che è incredibile, mi tratta come se fossi una popstar ma io non mi sento assolutamente così importante … In “Daniel Powter” attraversi parecchi generi, per cui il tuo album è sì pop, ma non si riesce ad incasellare in un modulo prevedibile. Cos’è la tua, inquietudine artistica, voglia di cambiare sempre? Mi rifiuto categoricamente di chiudere la porta di me stesso ed isolarmi in un mondo prevedibile e scontato; ho sempre ascoltato di tutto, Prince, Stevie Wonder, Motown, e non vedo perché dovrei finire a fare sempre la stessa cosa. A lungo andare, e nemmeno troppo lungo, anche i tuoi fan si stancano. C’è ad ogni modo un filo conduttore che lega tutte le canzoni dell’album? Sicuramente: sono io. Ho fatto di tutto per impedire agli altri di trasformarmi in qualcosa che io non ero, e non vedo perché poi dovrei far vedere qualcos’altro di diverso da quello che sono io. Questo disco parla di me ma perché non riesco a fare musica in modo differente dal raccontare me, la mia vita e le mie emozioni. Una cosa importante che tutte le canzoni hanno in comune, poi, è il fatto di essere “suonate”; sembra ridicolo da specificare, ma oggigiorno non è così diffusa come cosa. E poi c’è questa particolarità del contrasto tra ascolto easy e testi aguzzi e a volte crudi. Sì, è una cosa voluta, perché penso che l’aggressività e la presa facile delle melodie pop è impareggiabile; poi una volta che conquisti l’orecchio di chi ascolta è fatta, puoi parlare di quel che ti pare. E siccome la vita non è sempre amore, rose e fiori perché far finta che i momenti difficili e di rabbia o delusione non esistano? La tua storia personale fa emergere una persona molto determinata e forte, che ha attraversato diversi ostacoli per arrivare a quello che oggi è: le prese in giro dei compagni, problemi personali, la dislessia, i vari no dei discografici; eppure non hai mai mollato. La musica ha veramente salvato la mia vita, è stata l’unica cosa che mi ha dato la forza di andare avanti. E’ stato un puntello nei momenti difficili, ed anche un punto di fuga non indifferente quando le cose non mi andavano bene. Ma ho sempre avuto la voglia di comunicare, e mai di rinchiudermi in solitaria con il mio piano. E’ stata dura, ma ne è valsa la pena. Ne vale la pena, vi assicuriamo. Quando il pop va a braccetto con la qualità artistica e umana. Respect. Elisa Bellintani 23 giugno 2005 |
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 2005 Daniel Powter | | |
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