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 MYLO
MYLO MYLO ... DESTROY ROCK N'ROLL, SAVE THE LAST "DANCE"
MYLO ... DESTROY ROCK N'ROLL, SAVE THE LAST "DANCE"
Di Mylo vi abbiamo già parlato un po’ di tempo fa, presentandolo come uno degli episodi più interessanti dell’ambito dance; un suono raffinato ma facile, divertente ma sapientemente costruito, soddisfazione sensoriale e appagamento cerebrale. Tutto questo è “Destroy Rock n’Roll”, l’album di debutto di questo DJ sopra le righe che viene dalla fredda Scozia.
Lo abbiamo incontrato. Personaggio interessante, uno che si è fatto da sé e che non si fa certo mettere i piedi in testa da nessuno.
 
Sei originario della Scozia, Isola di Skye per la precisione. E, lasciamelo dire, non è proprio il posto da cui uno si aspetta che venga fuori un DJ …
 
No, perché? Guarda che in Scozia ci sono dei club niente male, soprattutto a Glasgow; poi vero che la mia musica, come quella di qualunque artista, riflette molto il posto dove ho vissuto, e allora è vero che senti qualcosa di inusuale per un DJ in Destroy Rock n’Roll.
 
Hai iniziato a comporre scaricando alcuni software gratuiti da Internet e lavorando sul tuo Mac G4. Come mai hai scelto di intraprendere questa strada?
 
Ho sempre suonato il piano e la chitarra, e mi piaceva anche farlo; però pensavo anche in grande, e volevo avere uno studio di registrazione tutto per me, dove poter giocare e provare tutti quegli strumenti sofisticati senza dovermi spostare ogni volta e senza doverlo prenotare e pagare. Per fare questo, la mia unica possibilità era quella di affidarmi alle nuove tecnologie, e così ho fatto.
 
Quanto importanti sono le campionature per un DJ come te?
 
In Destroy Rock n’Roll sono una componente fondamentale, nel senso che costituiscono l’ossatura su cui si costruisce un’atmosfera. Le campionature sono poi un ottimo modo perché le case discografiche si accorgano di te e ti prendano in considerazione, sono un buon inizio; poi però bisogna smetterla, perché ti stanchi, non è roba tua. Arrivare a limitarsi a “rubare” dagli altri diventa penalizzante e anche poco rispettoso del lavoro tuo e degli altri. Quindi, campionature come SOS iniziale sì, ma poi basta.
 
Adesso invece vai in tour con una vera e propria band che ti accompagna e che dà “spessore” alla tua musica. Cosa è cambiato rispetto ai tempi in cui stavi in camera col tuo portatile?
 
E’ tutta un’altra cosa, la dimensione live è un’esperienza assolutamente indescrivibile; perché vedi tutte queste persone che ti vengono a sentire e si muovono, cantano, ti guardano, è fantastico. Non mi è mai piaciuta l’idea di un concerto con il DJ da solo a centro palco con la sua consolle, l’idea di avere un gruppo dietro me l’ha data mio fratello, che si è messo a suonare la batteria su un mio pezzo, e l’improvvisazione di me con degli strumenti ad accompagnarmi mi è piaciuta subito.
 
Nella track “Destroy Rock n’Roll” c’è questa sorta di sentenza-condanna a morte per tutte le icone del rock. Qualcosa contro il genere?
 
E’ una cosa molto ironica, ovviamente non ho nulla contro Rolling Stones e Queen, anzi. Il parlato l’ho trovato su Internet, la base ce l’avevo pronta, e mi è sembrato un bell’abbinamento; le parole mi sono piaciute subito da usare come sample, con quell’effetto ipnotico e circolare.
 
Ho sentito che avevi provato a mandare un demo per “Destroy Rock n’Roll” ad alcune case discografiche, ma nessuna ti ha preso in considerazione; pessima mossa, visto come stanno andando le cose adesso, e così hai aperto la tua etichetta, la Breastfed. Secondo te, cos’è che non ha funzionato allora nella loro percezione della tua musica?
 
Qualche anno fa, quando ho mandato in giro quel demo, la percezione generale era quella di non considerare la musica dance come “degna di produzione”; forse i tempi non erano maturi, e infatti nessuno ne ha voluto sapere di me. Ora le cose sono cambiate completamente, come si vede dal sovraffollamento di DJ in circolazione. Detto questo, aggiungo che quello è stato un momento abbastanza frustrante e deludente del mio percorso artistico, per cui sono arrivato alla decisione di aprire la mia etichetta, la Breastfed; ci ho messo soldi miei, e oggi come oggi sono felice di averlo fatto. Ho totale libertà, di creatività e di tempo, sono soddisfatto e orgoglioso di avere realizzato qualcosa di totalmente mio senza l’aiuto di nessuno.
 
Hai detto una volta che la musica deve essere innanzitutto “impactive”, di impatto. In che senso consideri la tua musica di impatto?
 
L’impatto è la scintilla che scatta quando ascolti qualcosa e ti parte l’innamoramento immediato, o una cosa ti prende subito o è inutile che ti sforzi di fartela piacere. La musica è qualcosa di semplice e spontaneo, di non pretenzioso; sono contro tutto quel filone jazz chill out che ti metti lì, lo provi ad ascoltare e ti scivola addosso, non ti entra dentro. Troppo serio e difficile, quella non è musica come la intendo io.
 
La musica come la intende lui, tanto per intenderci, sono 14 pezzi uno più sottocutaneo dell’altro; è circolazione allo stato puro, è viscosità uditiva irrinunciabile. “Destroy Rock n’Roll” è proprio un gran bell’album dance. Con la promessa di rivederci - questa volta su un palco e live - a settembre.
 
Elisa Bellintani
 
30 maggio 2005
 
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