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| THE ARK | |||||||||
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| THE ARK ... IL CAPOLAVORO ASSOLUTO DEL GLAMOUR - MA NON DITEGLIELO! | |||||||||
| 3 domande secche secche. Chi sono gli Ark? We are the Ark. In cosa credono gli Ark? In lust we trust. E cosa rappresenta al meglio gli Ark? State of the Ark. Se non ci avevate badato, gli svedesi Ark sono apertamente autocitazionisti nel nominare i propri dischi, segno di un ego smisurato o di un temperamento artistico pronunciato. Avendoli conosciuti, propendiamo per la seconda. Gli Ark sono quelli di quei mostri (nel senso di pezzi da novanta) dell’airplay radiofonico di qualche anno fa che furono “It takes a fool to remain sane”, “Let your body decide” e “Calleth you, cometh I”. Palesemente trendy setters, glamour a profusione, paillettes e vernice, un pizzico di Abba revival ed il piatto è servito: ordinate pure gli Ark, signori edonisti della musica, il divertimento è assicurato. Non siete convinti? Eccovi un assaggino di quel che gli Ark offrono con il terzo lavoro, “State of the Ark”. “We are the Ark”, “In lust we trust”, ed ora “State of the Ark”. Che cosa rappresenta questo vostro terzo lavoro, una sorta di manifesto sulla vostra condizione esistenziale, un avamposto di reclutamento per chi la pensa come voi … “State of the Ark” rappresenta uno stato mentale, la condizione attuale del gruppo The Ark, ma anche uno Stato abitato da persone, un po’ un nostro Paese, dove l’attività principale è quella di ascoltare musica e divertirsi con la musica. Ci sono molti, moltissimi anni 70 in “State of the Ark”, il suono, i richiami, le tematiche a metà tra lo scanzonato e l’impegnato. Come mai questo amore smisurato per i mitici 70? Bè i primi anni 70 sono stati una cosa favolosa … la nostra massima aspirazione artistica è Ziggy Stardust, David Bowie è stato ed è tuttora un personaggio geniale ed inarrivabile. I colori e l’entusiasmo degli anni 70, ma dove li trovi oggi?!? E poi il suono era fresco e cristallino, e noi lo rifacciamo alla nostra maniera. Ascolto “Clamour for glamour” e penso: gli Ark sono sempre stati etichettati come una band che fa glam-pop. Trattasi di autocelebrazionismo? Vi sentite glamour? In che modo? A noi di essere glamour non interessa proprio niente, anzi; vivere alla grande, immersi nel lusso, non fa per noi; glam invece è il modo in cui ci esprimiamo sul palco, con tutti gli eccessi e gli sfarzi del caso, paillettes, luci, scintille. Ecco, a noi interessa il glamour inteso come i colori della vita, e facciamo glamour nel senso di spettacolarità, perché il pubblico quando viene a vederti si vuole divertire. Vi aspettate quindi che chi vi ascolta se la spassi come ad una festa! Un modo di vivere la musica sicuramente contagioso! “State of the Ark” è un ottimo strumento da usare sul palcoscenico, vogliamo che le persone che lo ascoltano incamerino energia e la buttino tutta fuori ballando e cantando; vogliamo che il nostro pubblico acquisti sempre più la capacità di lasciarsi andare, perché senza quella … faremmo una vita davvero grigia e triste. “Trust is shareware” è un pezzo molto particolare, non fosse altro che per il messaggio che comunica: la mia fiducia non si compra ma si ottiene ed è reciproca. Sembra una canzone molto, molto personale. E’ così? E’ successo qualcosa che vi ha fatto diffidare di chi vi sta vicino? (Glissano, glissano, glissano, molto astutamente ma glissano). La fiducia è qualcosa di importantissimo, un sentimento che si viene ad instaurare tra le persone solo se ci sono le premesse adeguate e che va comunque coltivato senza sosta. Questa è una delle canzoni più “politiche” dell’album, perché sottolinea come bisogna guadagnarsi la stima degli altri, e non darla per scontata e tantomeno approfittarsene. E poi c’è “Hey Kwanongoma!”. Allora, l’ho ascoltata più e più volte, ma sinceramente più che un delirio di note e parole non ho trovato … cos’è che non ho colto? Assolutamente niente! “Hey Kwanongoma!” è un pezzo senza senso, una dimostrazione di quanto può essere divertente e scanzonato perdere i freni e lasciarsi andare agli istinti. Il testo non ha né capo né coda, la musica è allegria distillata, però ammettilo, è un pezzo che ti entra dentro e ti libera! “No end” invece rappresenta la ballata di “State of the Ark”. L’unica. Non vi sentite troppo a vostro agio con questo genere? “No end” secondo noi è a dir poco bellissima. Però è anche un episodio isolato, vero. Non sappiamo che dirti, è uscito così, e ora che mi ci fai pensare la stessa cosa si è ripetuta nei due dischi precedenti. Dal punto di vista del suono, come considerate “State of the Ark”? Evoluzione naturale dei suoi predecessori, nuovo capitolo nella saga Ark … ? “State of the Ark” è un momento di evoluzione-reazione rispetto agli altri due dischi. E’ la continuazione naturale nel senso che non rinneghiamo nulla di ciò che è stato, perché eravamo, siamo e saremo sempre gli Ark. Però è anche un po’ una rottura, perché quello che abbiamo voluto fare qui è eliminare, rendere il suono nella maniera più minimal possibile, e non è per niente facile. Fare una canzone aggiungendo contributi ti assicuro che è molto più agevole dello spolparla lasciandole il minimo indispensabile e facendola comunque suonare fantastica. Qui siamo anti-barocchi. Quello che mi ha molto colpito di voi, e che in “State of the Ark” si sente enormemente, è il vostro giocare con le parole, la musicalità che riuscite a trasmettere accostando termini e suoni verbali. E’ un talento naturale o c’è molto studio dietro? Scrivere un pezzo è innanzitutto un lavoro di intuizione, un momento magico. Le persone sono creature musicali, e scrivere è un po’ perdere il controllo e cogliere quell’essenza di una canzone sospesa a mezz’aria; il significato viene poi, quello che di una canzone prima di tutto entra in testa (ed esce dalla testa nel caso di un autore) è la sua musicalità. E le parole si accoppiano naturalmente una dietro l’altra, se poi significano anche qualcosa di sensato tanto meglio. Viste le premesse, dirvi che gli Ark saranno con tutta probabilità da noi in Italia in concerto in autunno mi fa dire: non lasciateveli sfuggire! Sarà sicuramente uno spettacolo! Fansite italiano: thearkmagazine.it Elisa Bellintani 24 maggio 2005 |
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