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I AM KLOOT |
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I AM KLOOT ... VISCHIOSI, PASTOSI, AGRODOLCI: L'ALTRA FACCIA DEL ROCK DA MANCHESTER |
Strenui vati della filosofia del “loser” ma con stile, gli I Am Kloot (dichiarazione di appartenenza che più esplicita di così non si può) ci presentano il loro terzo studio album, lo straordinario “Gods and Monsters”. Un disco che non avere è già affermazione di appartenenza al genere “kloot”, ed al genere è meglio appartenervi solo per ammirazione nei confronti della band di John Bramwell; John, la voce che assieme a Andy Hargreaves e Pete Jobson fa appunto gli I Am Kloot. Dimenticate gli Oasis per un momento. Un trio di personalità non indifferenti da Manchester, che sparge a piene mani il verbo di un rock fatto soprattutto di emozione; prim’ancora che per sound, chitarre, voce, gli I Am Kloot fanno parlare di sé per quel dolciastro salmastro che ti iniettano dentro quando li ascolti; ma non il dolciastro alla Coldplay o alla Keane, per intenderci. E “Gods and Monsters”, pur’essendo qualcosa di apparentemente similrivoluzionario nel suono, non fa eccezione. Quattro chiacchiere con Andy per capirne di più. Forse. Partiamo con il titolo dell’album, “Gods and Monsters”. C’è questa forte contrapposizione tra “dei” e “mostri” … cosa ci dici in proposito? Che c’è tutto il mondo degli I Am Kloot in questa definizione, ed in questo disco. E’ stato un progetto ambizioso che si è evoluto nel migliore dei modi, volevamo fare un disco che aprisse una finestra sui mondi oscuri dentro ognuno di noi ed intorno, che mostrasse diversi punti di vista senza dare una prospettiva unica di interpretazione, anzi, contrapponendo il più possibile stimoli ed elementi diversi tra loro. Ci sono cose belle e cose brutte. E nel nostro mondo ci sono entrambe. Molto carina ed intensa la copertina dell’album, con questo cane antropomorfo che esce dalla tv e si mangia l’ometto … E’ un artwork di Jay Ryan, un artista di Manchester che noi apprezziamo davvero. Tutto il cd è opera sua. Non ha alcun significato metaforico particolare, semplicemente ci piaceva l’immagine e si adattava bene a quello che è il mood del disco: straniamento, torpore, crudezza in un certo senso, perché non ci sono molte introduzioni al tunnel del nostro mondo. Fa sorridere e inquieta allo stesso tempo. Così volevamo, e così è, sia nel suono che nelle immagini. Il suond di “Gods and Monsters” è decisamente diverso rispetto ai due dischi precedenti; più organico, più “strumentale”. E’ stata una scelta deliberata, un’evoluzione naturale? In realtà è stata un’occasione fortuita. Ci siamo ritrovati a registrare al Moolah Rouge studio, e lì dentro c’era di tutto da provare! Chitarre, piano, organi, qualsiasi cosa; noi non ci siamo tirati indietro, era come lasciare libero un bambino nel paese dei balocchi e ci siamo divertiti con qualsiasi cosa fossimo in grado di suonare. Ecco perché “Gods and Monsters” si sente diverso rispetto ai precedenti lavori, che erano invece più “cheap” in ogni senso. Qua ci siamo dati alla pazza gioia! E soprattutto ce la siamo spassata. Tutte le canzoni suonano diverse. C’è effettivamente un filo conduttore che le lega? C’è, eccome. Soltanto che va scoperto … anche perché quello che per me è elemento di congiunzione non lo deve essere per forza anche per te. Quindi ascoltate bene, e qualcosa di consequenziale lo troverete! C’è una sorta di ritualità negli I Am Kloot: su ogni album, una ballad; anche qui la parte della ballad la fa “Astray”. avete una specie di avversione al genere? Dì pure allergia … la ballad non fa per noi, non è un genere che ci appartiene, però una ogni tanto ci vuole, no? E noi ve la diamo! E “Astray” non è niente male per essere una cosa che non sentiamo nelle nostre corde. C’è poi “Ordinary Girl” che, scusamelo, ma ha un forte richiamo al suono Kasabian. Cosa ne pensate dell’offerta musicale inglese del momento? Che non c’è nessuno in particolare con cui saremmo vogliosi di collaborare al momento. Sì, qualcuno che ci piace c’è, ma non vedo cosa potremmo tirar fuori di intelligente da una collaborazione. Ergo, ascoltate noi! “Hong Kong Lullaby” è invece un pezzo strumentale. Orientaleggiante, dolce, svogliato … da dove viene l’idea di togliere la voce? Viene dall’esperienza di un lunedì mattina ad Hong Kong, passato il weekend resta quell’assopimento generale che fa da appendice al fine settimana e da preludio alla settimana, terra di mezzo dei 7 giorni. E uno strumentale intenso è esso stesso terra di mezzo tra canzone e melodia. Per ultimo, una curiosità. Chi bazzica ai vostri live sente “Black and Blue”, e poi non se la ritrova mai incorporata in un album. Il disappunto del vostro pubblico al riguardo continuerà ancora a lungo? “Black and Blue” non farà mai parte di un nostro disco per il semplice motivo che non lo sentiamo come un pezzo I Am Kloot. E’ stata scritta da John prima che ci fossimo tutti, è un pezzo suo che noi eseguiamo volentieri ma che non è I Am Kloot; sapere che una cosa così diversa dal nostro sound abituale comunque piace ci rende orgogliosi, perché vuol dire che chi ci segue ama l’alchimia che mettiamo in ogni pezzo, e non i singoli pezzi. Gli I Am Kloot presenteranno live “Gods and Monsters” il 19 maggio a Bologna. Inutile dirvi di non mancare! From Mancheseter UK, sarà un gustoso agro-addolcimento per le vostre membra vogliose di panacea rock. Elisa Bellintani 2 maggio 2005 |
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