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 ASIAN DUB FOUNDATION
ASIAN DUB FOUNDATION ASIAN DUB FOUNDATION ... UN CARRO ARMATO RAP PRONTO A SFONDARVI LA COSCIENZA
ASIAN DUB FOUNDATION ... UN CARRO ARMATO RAP PRONTO A SFONDARVI LA COSCIENZA
Li chiamano i Public Enemy asiatici, o i Rage Against The Machine arrabbiati dal lontano Oriente. Gli Asian Dub Foundation sono una realtà musicale difficile ad etichettarsi; il loro è un hip hop che incontra l’elettronica ed il garage, la formazione è altamente instabile ed aperta a new entries o ad abbandoni eccellenti, ed il leitmotiv della loro musica è l’espressione, su qualsiasi cosa e situazione, ma esprimersi. Il che è il più delle volte significato interessarsi al sociale, come nel caso di Satpal Ram, alla cui causa di scarcerazione gli ADF si sono dedicati dedicandogli addirittura un disco, “R.A.F.I.”.
 
La storia degli ADF parte nel 1993 alla Community Music House di Farringdon, vicino a Londra, un autentico laboratorio musicale dove giovani di origine asiatica posso esprimere le proprie idee e conoscere il mondo della musica, che rappresenta un po’ la loro unica possibilità.
Lì si conoscono Aniruddha Das (Dr Das, bassista e suonatore di tabla), John Ashok Pandit (Pandit G, DJ), Deeder Saidullah Zeman (Master D, rapper), Steve Chandra Savale (Chandrasonic, chitarrista), Sanjay Gulabhaj Tailor (Sun-J, DJ) e Bubble-E (ballerino). Ecco a voi gli Asian Dub Foundation, carichi ed arrabbiati più che mai, contro la società che discrimina alla faccia dei buoni sorrisi compiacenti, contro i giochi di potere in cui loro e quelli come loro non sono invitati, contro quello che va contro la loro esistenza. A crescere nella multietnica e multiterrorizzata Londra ce n’è di cose per cui indignarsi …
 
A due anni di distanza da “Enemy of the Enemy” arriva “Tank”, il nuovo album. Obiettivo focalizzato su guerra e potere, sugli accadimenti di questi ultimi anni, la guerra in Iraq, le manifestazioni pacifiste, la deriva della nostra civiltà occidentale. Aggressivi e caustici, veloci e mirati, gli Asian Dub Foundation sono tornati.
 
Sono ormai più o meno 10 anni che vi presentate come collettivo, e come collettivo di protesta. Cos’è che vi fa andare avanti ancora oggi?
 
Noi non abbiamo mai voluto essere considerati una band. Siamo un collettivo aperto, dove le persone che lo compongono si confrontano ed esprimono liberamente le proprie idee. Gli Asian Dub Foundation sono nati come progetto educativo, cioè come un’opportunità concreta data a chi non aveva la voce per farsi sentire di poter parlare in musica di quel che agita dentro.
 
Avete sempre considerato la musica come un’arma di movimentazione di massa. Cosa vi aspettate da chi si inoltra nell’ascolto di “Tank”?
 
Le stesse cose di sempre. Mettete il cd nel player, liberate la mente e preparatevi ad ascoltare “Tank” su diversi livelli di significato, estrapolatene un senso. Fatevi delle domande. Approfittate dell’input che vi diamo. Gli ADF vogliono offrire consapevolezza e non soluzioni; non siamo dei predicatori, non vi vogliamo portare dalla nostra parte, vogliamo solo che voi usiate la vostra testa per pensare. Riprendetevela.
 
E cosa ne pensate della moda (perché ormai si può dire che è una moda) di andare contro Bush e gli Stati Uniti?
 
Si è sicuramente esagerato in un senso, ma tieni presente che è molto più facile non dire nulla e tacere. Tutti nella nostra società occidentale invece abbiamo il diritto e la facoltà di parlare ed esprimere la nostra opinione. Prendi i Green Day, che sono il caso più eclatante di musica politicizzata; puoi non essere d’accordo con le loro idee, ma loro sono nella posizione privilegiata di poter parlare e potersi fare ascoltare. Non hanno taciuto il loro dissidio, e questo è un bene. Vuol dire che possiamo ancora definirci “civili”.
 
Guardando ai vostri dischi si nota un’evoluzione lineare nelle tematiche affrontate: l’interesse va sempre più dal particolare verso l’universale. Penso ad un disco come “RAFI” dedicato alla causa di Satpal Ram, e ad un “Tank” che si inerpica nei temi di guerra e potere. C’è un motivo esplicito a questa vostra apertura al mondo?
 
E’ vero, ci siamo in un certo senso evoluti. Il fatto è che il mondo è cambiato, prima era molto più richiuso sulle realtà locali mentre ora la globalizzazione è evidente, siamo tutti coinvolti dalle stesse cose. Che fare? Puoi anche chiuderti nella tua casa e far finta di nulla, ma il mondo ti bussa alla porta e prima o poi tu quella porta la devi aprire, e lasciarlo entrare.
 
Come è cambiato il suono in “Tank”?
 
E’ più “suonato”, ci sono meno basi rispetto al nostro solito. Anche la tecnologia che abbiamo usato è molto più sofisticata e computerizzata, ma questo non fa assolutamente suonare “Tank” come un disco elettronico. Suona comunque persino meglio di quel che ci aspettavamo, “Tank” funziona davvero.
 
Ho sentito che l’English National Theatre vi ha affidato la scrittura di un’opera sulla vita di Gheddafi. A che punto state?
 
E’ stata un’idea di Chandrasonic, alla quale stiamo attivamente lavorando tutti. Racconteremo la vita di Gheddafi come una sorta di viaggio, attraversando le fai salienti della sua vita e soprattutto i suoi rapporti con i media e con l’Occidente; il taglio non sarà comunque così critico come potreste aspettarvi, dato che si tratta di un colonnello dittatore ancora in vita. La base ritmica sarà il tipico cocktail di drum&bass, percussioni, incursioni rock ed inserti di archi.
 
E dopo “La Haine” e “La Bataille d’Alger”, ci sono altre riscritture di colonne sonore in cantiere?
 
Riscrivere colonne sonore è una cosa che ci ha dato enorme soddisfazione. “La Haine” è stato un film che dal punto di vista dei contenuti e delle sensazioni sentivamo vicino, per cui è stato un piacere riscrivere l musica di una pellicola che abbiamo amato tanto. “La Bataille d’Alger” è stata una cosa più complicata; l’originale fu scritta da Ennio Morricone, per cui accostarci ad un capolavoro col rischio di rovinarlo ci preoccupava non poco; però gli abusi subiti dai prigionieri iracheni da parte di soldati inglesi ed americani ci ha convinti a prendere in mano il progetto e portarlo avanti. Per ora non ci sono altre cose pronte, ma noi aspettiamo.
 
Un’ultima cosa. ADFED.
 
L’Asian Dub Foundation Education è un progetto nato nel 1998. E’ un laboratorio musicale che ha lo scopo di dare possibilità di parola a chi non ce l’ha, introducendo persone disagiate o in difficoltà alla musica e alle liriche, cosicché possano sfogarsi, raccontare la loro realtà e farsi sentire. ADFED è un progetto educativo che prende spunto da noi e da quello che siamo riusciti a fare e dire, e che si augura di poter continuare sulla strada della parola in musica.
 
Elisa Bellintani
 
14 marzo 2005
 
 TUTTO SU ASIAN DUB FOUNDATION

2005
Tank

2003
Enemy of the Enemy

2000
Community Music

1998
Rafi's Revenge

1997
RAFI
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