Maximilian Hecker è tedesco e, udite udite, non fa techno. Niente techno, né house, né elettronica, né rock pesante o pop gorgheggiante, niente di tutto questo, niente dei cliché sgocciolanti diffidenza che appartengono alla nostra visione della musica tedesca. Maximilian Hecker fa ballate, ballate tristi e sofferte, dove non c’è spazio per nient’altro che non sia malinconia e indugio, e dove l’essenzialità di musica e voce fanno da contraltare alla densità pastosa dei testi. Vuoti e pieni, vuoti compensati da pieni, essenzialità e ridondanza in equilibrio perfetto. Maximilian Hecker è un ragazzo – un bellissimo ragazzo – di 27 anni di Berlino, che ha scelto di intraprendere una strada difficile: fare musica pop di qualità e di atmosfera. La passione per la musica sboccia quando è ancora giovanissimo, e Maximilian impara a suonare di tutto, dalla chitarra alla batteria, ma si sofferma più avanti sul suo attuale grande amore, il pianoforte. Maximilian è un ragazzo sensibile, che sente cose speciali, che dà una sublimazione assoluta ai suoi sentimenti, e li traslittera in parole, lettere su fogli, lettere che lentamente si accompagnano a note, melodie, musiche, e diventano canzoni. L’album di debutto è datato 2001, “Infinite Love Songs”, e il tema dell’amore è totale, manco a dirlo. Segue nel 2003 “Rose”, 11 petali personali che mettono a nudo l’altissima recettività sentimentale di Maximilian. Ed anche la sua particolare fantasia su Kate Moss, dato che proprio alla famosa modella inglese Hecker ha dedicato una canzone. Ed infine, nel 2005, ecco il terzo album, “Lady Sleep”, che prosegue lungo la linea dell’intimità ricercata e concupita. Hecker costruisce le sue melodie assommando ad un flebile sussurro di pianoforte e voce, che costituiscono l’ossatura della sua produzione, archi e fiati, in un crescendo di sensazione uditiva che stringe il cuore. Hecker canta in inglese, perché l’inglese, come lui stesso riconosce, è la lingua del pop, ed è la lingua che ti permette di essere ascoltato in tutto il mondo, ed è la lingua in cui lui sente. Hecker parla d’amore, non c’è spazio per altro nel suo repertorio, perché l’amore è la colonna portante dell’esistenza di ognuno, è il sentimento che ci fa gioire, soffrire, vivere, è l’emozione che tutto muove. E merita pertanto attenzione assoluta da parte di un poeta dell’anima quale lui è. Il bardo del cuore. Atmosfera languida, che si trascina fino a crogiolarsi nella sofferenza e nell’autocompiacimento del dolore. Hecker si difende dalle accuse di chi gli dice di essere “triste” dicendo che questa è la sua vita, e che questa è l’intensità emozionale che tutti viviamo. E come dargli torto … Certo, si sente quell’accento dal retrogusto germanico nelle sue melodie, però lo spessore dei sentimenti è innegabile e riconoscibile anche solo in un assaggio di pentagramma. Maximilain Hecker si consuma lentamente, come quando si sta male e si vuole perpetrare la sofferenza perché ogni tanto fa bene anche entrare in comunicazione con se stessi. Maximilian Hecker è pericoloso, perché quello di cui canta è reale, vero, e la verità molto spesso ferisce. Come l’amore. Elisa Bellintani 26 gennaio 2005 |