Prendete un personaggio che risponde al nome di Diego Garcia, fatelo nascere alla fine degli anni ’70 a Detroit da genitori argentini, lasciatelo crescere ascoltando Iggy Pop e MC5 e poi trapiantatelo a New York. Domanda. Musicalmente parlando, cosa può venirne fuori? Gli Elefant. Che è un gruppo (Kevin McAdams, James Jeffrey Berrall, Mod) che ruota attorno alla personalità distintiva di Diego.
Gli Elefant sono uno dei debutti più cool della scena newyorkese, e non hanno nulla a che vedere con il fashion degli Yeah Yeah Yeahs o il trend sonoro degli Interpol; il post-punk li ha influenzati, sì, ma relativamente. O meglio, quello che ne è uscito è qualcosa di diverso, niente in comune con l’immaginario anarchico degli Strokes, per intenderci. Malinconici sì, ma anche romantici. Dark sì, ma seduttivi. Un conglomerato eterogeneo di contraddizioni come solo New York riesce a trasmettere, città amata ed odiata, che ti fa sentire amato e al contempo odiato, splendida e orribile, dove un metro più in là fa la differenza e dove il giorno e la notte sono effettivamente il giorno e la notte. Che ansia sopravvivere in una palestra per l’anima come New York, dove tanti escono perdenti; ed infatti gli Elefant riescono a condensare nella loro musica questo disagio misto ad amore. Affascinante, non c’è che dire.
Il debutto avviene con l’etichetta Kemado nel 2003 con "Gallery Girl EP", seguito a breve distanza dall’album "Sunlight Makes Me Paranoid"; la critica li acclama, il pubblico di affezionati cresce a vista d’occhio, e nessuno, ma proprio nessuno dice qualcosa di male su di loro. Sospetta come cosa, a dir poco incredibile.
Se dovessimo provare a descrivervi come suonano gli Elefant, tireremmo fuori dal cilindro dei paragoni nomi grossi del passato; passato soprattutto tipo un 20-30 anni fa. C’è il pop grigio degli Smiths, la ruvidità di Iggy Pop, il groove dei New Order, il carisma di Morrissey (Diego è stato addirittura eletto frontman più sexy dal New York Magazine, che è rimasto incantato dalla sua presenza scenica ingombrante), la teatralità di David Bowie, il glamour di Pulp e Suede (e Diego un po’ Brett Anderson lo è), l’essenzialità di classe dei Velvet Underground, l’atmosfera palpabile dei Cure.
"Sunlight Makes Me Paranoid" è un disco che cristallizza una fase di maturazione di Diego, il momento di passaggio dall’innocenza alla conoscenza, dalla spensieratezza tormentata all’impegno mentale rassegnato. I testi parlano di distacco, di amori che nascono e muoiono, passioni che si consumano, e da questo punto di vista dell’accessibilità si può definire musica pop. "Sunlight Makes Me Paranoid" è il suono del cuore che tribola. Le chitarre incespicano in un limbo di piacere dolceamaro, si attardano nel cielo scuro dell’indecisione, e Diego sembra addolcire una pillola che mandar giù è difficile.
Non sono rivoluzionari, vero, però gli Elefant sono qualcosa di vero e concreto, musica di vita e non musica in fuga dalla vita. Se perciò vi sentite in transizione verso lidi ignoti, fatevi accompagnare da Diego e dai suoi, e vi sentirete un po’ meno soli.
Elisa Bellintani
7 dicembre 2004 |