Già salutato da Alicia Keys come “uno dei più incredibili musicisti che io conosca”, Van Hunt è compositore, produttore, arrangiatore, polistrumentista e cantante che si è avidamente nutrito dei molti linguaggi della musica nera, dimostrando uno spiccato amore per l’universo musicale degli anni Settanta, e ha creato un album dal sound squisitamente pop e ricco di tessiture soul, funk, rhythm’n’blues, che attinge alla tradizione ma risulta estremamente moderno. Molte le partecipazioni eccellenti nell’omonimo album di debutto: dalla chitarrista Wendy Melvoin (Prince & The Revolution) al batterista Matt Chamberlain (David Bowie, Tori Amos), dal percussionista Lenny Castro (Eric Clapton, Rolling Stones) al tastierista Patrick Warren (Red Hot Chili Peppers, Macy Gray), fino al trombettista Nolan Smith (Marvin Gaye) e all’arrangiatore delle partiture per archi (in “What Can I Say” e “Precious”), David Campbell, padre di Beck. Le partecipazioni rimandano inoltre al background al quale l’artista di Dayton (Ohio) - oggi residente ad Atlanta - dichiara di ispirarsi: primo fra tutti Prince, la cui scoperta lo indirizzò, ancora adolescente, verso quel composito universo musicale e quel preciso sound; ma anche Muddy Waters, James Brown, Ray Charles fino a Duke Ellington.
Relazioni sentimentali in difficoltà, ricordi -non felici- d’infanzia, rimpianti per ciò che si è perduto, uno sguardo –personalissimo- venato di blue sulla vita sono gli argomenti che compaiono più spesso nelle canzoni, che Hunt tratta per creare scenari evocativi universali, nei quali il dolore non è mai trattato con autocompiacimento ma lascia sempre spazio a una via d’uscita, per comporre quella che egli stesso definisce “situation music”. Già considerato, in patria, uno dei leader tra i produttori e compositori dell’era soul contemporanea, Hunt oltre a cantare si produce al sassofono, basso, batteria, tastiere e chitarra, dimostrando una reale perizia musicale non comune, anche nell’affollata scena black mondiale.
A tratti "Van Hunt" può sembrare un album autentico degli anni ‘70, e grazie a classe e talento ciò non sfocia mai in uno sterile tentativo di imitazione. Il trucco sta nell'attingere al passato restando allo stesso tempo estremamente moderni, una ricetta che anche Amp Fiddler ha dimostrato di saper usare al meglio, ma che nel caso di Van Hunt è più orientata al rhythm'n'blues.
E dopo Londra, Parigi e Amsterdam, è arrivato il 2 dicembre anche a Milano il mini tour europeo di Van Hunt. Il suo live è stato intenso e carico di vibrazioni positive per quasi due ore durante le quali Van Hunt e i suoi musicisti sono riusciti a dimostrare una grande abilità nel trasferire le emozioni sul pubblico anche quando i testi evocano brutti ricordi o rimpianti per ciò che si è perduto. Non c'è dunque da rimanere sorpresi dall'eco che quest'artista ha lasciato in America nei mesi successivi l'uscita del suo album d'esordio, entrando a pieno titolo a far parte della nuova generazione di artisti soul da Alicia Keys a Talib Kweli. 3 dicembre 2004
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