Giovedì 18 novembre i Franz Ferdinand sono rimasti a mani vuote; nominati agli EMA 2004 come Best New Act gli sono passati avanti i Maroon 5, e come Best Alternative sono stati loro preferiti i Muse (no comment; persino Alex Kapranos aveva detto: “rinunceremmo volentieri al premio per incoronare gli Hives, loro sì che se lo meritano”). Siccome è impensabile far finta che il 2004 non sia stato l’anno fra i tanti anche dei Franz Ferdinand, ci pensiamo noi a rattoppare questo autentico scempio subito dai 4 di Glasgow.
Definire con un paio di etichette i Franz Ferdinand è impresa ardua. Art-rock dice qualcuno (un felice ibrido di alternative a art), geniali qualcun altro, innovativi, fresh, very very scot (sono scozzesi e si sente, in quel rock fumoso, grande, possente), fashionable, maestosi, vorticosi, d’impatto (scenico, cromatico, arrampicatori esperti del pentagramma e plasmatori di battute cromate di assoluto piacere), travolgenti. Impossibile non notarli, comunque. Weird, strani, sono diversi e la loro peculiarità traspare da mille cose, oltre che dalla musica che fanno.
Un giorno, praticamente per scherzo, Bob Hardy mette in mano un basso ad Alex Kapranos e gli insegna a suonarlo; risultato: i due vogliono mettere su una band che faccia muovere le ragazze. Alex incontra Nick McCarthy in un bar e con lui si scontra; a ridosso della rissa, la proposta: “ehi, tu sai suonare la batteria?”. Bugia: “Sì”; in realtà lui è bassista e pianista. Messo alla prova, Nick si rivela uno sfracello, ma tant’è. Nulla è normale in questo quartetto. E il quarto è Paul Thomson, batterista che si arrende all’equilibrio del gruppo e imbraccia la chitarra.
I quattro sono in cerca di una location in cui provare e, come nelle migliori favole, incappano nel loro “castello”; Chateau è un magazzino art-deco che Alex & co. eleggono a loro dimora, e dove i Franz Ferdinand si esibiscono con la loro musica per far ballare le tipe. Funziona sì, funziona maledettamente! Cacciati dal loro regno, i reali FF vanno in esilio verso un’altra terra accogliente in cui appostarsi. Lo Chateau si ripete anche in un tribunale-carcere vittoriano abbandonato, a loro evidentemente ispirano questi ambienti decadenti e morbosamente retrò, la perversione di infrangere la legge suonando abusivamente in un vecchio tempio di legalità. E la profanazione si aggiunge a profanazione, dato che addirittura nel pubblico i Franz Ferdinand intravedono facce che vengono da lontano, da oltre il confine, dal miraggio lontano: Londra.
Se Londra va ai Franz Ferdinand, non sia mai che i Franz Ferdinand non vadano a Londra! La City li accoglie a braccia aperte, e Laurence Bell della Domino Records se li assicura in un battibaleno.
Il resto è storia. L’album di debutto “Franz Ferdinand” (2004) è una granata buttata nello stallo del rock. Senza montature di sorta, i Franz Ferdinand sono ancora coi piedi per terra, sulla loro terra; vivono, scrivono e provano nel loro Chateau, che per ora è ancora il tribunale a Glasgow.
Il nome Franz Ferdinand la dice lunga su chi abbiamo di fronte. L’arciduca Francesco Ferdinando è stato la miccia che ha scatenato la Prima Guerra Mondiale, il primo conflitto devastante su scala mondiale; e i FF sono un po’ l’esplosione del magma sotterraneo, il geyser improvviso ed inatteso, la vita che distrugge il vecchio e lascia inebetiti a guardarla dispiegarsi.
Fine 2003, ecco “Darts Of Pleasure”, con quella genialata della chiusa in tedesco; una sola parola: Superfantastisch! Che dire poi di quella meraviglia di istinti che è “Take Me Out”; la semplicità di un riff che diventa linfa vitale, un’overdose di energia rock roboante ma senza la pellicola fastidiosa della globalità. E poi quel capolavoro di automatismo infranto che è “The Dark Of The Matinée”; scura quanto basta, pulsante e non assordante, stupefacente. E poi “Michael”, e ora “This Fire” … Orgasmi multipli rock.
Il brand dei FF è nero su arancio, o giù di lì. Per loro stessa ammissione, i FF sono cromatici, nel senso che associano colori a musica. E non c’è dubbio che l’immagine (a 360 gradi) è parte inscindibile del loro essere. Questo look “queer” e stralunato, non fa che aggiungere glamour ad un prodotto già di per sé sbalorditivo. Una patina luccicante e anni ’80 su un sound post-punk, post-rock, post tutto quello che volete, sul sound FF.
E i video … gioiellini così non se ne vedevano da tempo immemore. Flash di Metropolis, cartonati di epoca sovietica, iconografia retrò, sincronismo robotizzato da mannequins del passato finiti non si sa come nell’acciaio e nel neon del nuovo millennio. Va bene che la sottoscritta è di parte, ma … veramente vorreste dirmi “Franz Ferdinand?? Naaaah!” ? … Per quanto mi riguarda, il Best Alt è tutto loro. Con buona pace dei Muse.
Elisa Bellintani 23 novembre 2004
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