“Oronero” (Sony Music), il nuovo disco di Giorgia, è uscito il 28 ottobre, anticipato dall’omonimo singolo. In questo suo decimo album in studio, la cantautrice ha scritto dieci dei quindici brani, esprimendosi senza filtri e trattando temi importanti con grande sensibilità, urlando la sua rabbia nei confronti di chi sparla e giudica gli altri in modo superficiale, senza preoccuparsi di quanto le parole possano ferire le persone. Ma nel disco di Giorgia c’è spazio anche per l’amore poetico e per la speranza in un futuro migliore, nonostante tutto.
Giorgia, “Oronero” arriva a tre anni di distanza da “Senza paura”. Puoi raccontarci la genesi del nuovo disco?
“Mi sono presa il tempo necessario per non dovermi poi pentire di non essere riuscita a fare tutto ciò che volevo, come a volte mi è capitato. Ho scritto le canzoni con un grande desiderio di verità, provando ad essere diretta. In passato ho sofferto per il fatto che scrivevo i testi ma questo non interessava a nessuno, ho avuto la fase in cui non accettavo di essere definita la “cantante romana”, invece ora questa definizione mi va benissimo, ho messo la parte che scrive a servizio di quella che canta, cercando di raccontare la mia visione di 45enne del nostro tempo, lavorando anche sul suono perché le parole devono essere a disposizione della melodia. Ho scritto i testi tra un impegno famigliare e un altro, visto che la mattina porto mio figlio Samuel a scuola e poi sono una donna di casa... Mentre lavoravo all’album, nel mondo succedevano diverse cose, dagli attentati al Bataclan alla scomparsa di Pino Daniele… Vivevo quindi la mia vita quotidiana con gli orari e le regole e nel frattempo condividevo con la collettività questa angoscia, rendendomi conto della difficoltà che ognuno di noi prova sulla propria pelle vivendo nel nostro tempo. Così ho cercato di raccontare queste sensazioni nelle canzoni, sempre però regalandomi la speranza e la fede nell’essere umano”.
Come mai hai scelto “Oronero” come titolo?
“Ho scelto Oronero anche per il richiamo al petrolio perché sono una persona che soffre per la distruzione del pianeta, della natura. Mi piaceva usare il concetto generale di una bella cosa che viene rovinata e portarlo nel particolare, quindi nel rapporto tra le persone. Come il petrolio, che è una risorsa, diventa nocivo se usato in maniera sbagliata, allo stesso modo in una relazione io posso entrare in contatto con te, capire quello che vivi, avere uno scambio, ma se io considero questa risorsa solo come riempitiva del mio vuoto esistenziale rovinandoti la vita allora diventa una cosa sterile. Oro e nero mi sembrano due parole che possono riassumere bene sia il concetto ecologico che quello della relazione delle persone”.
In “Oronero” dieci brani su quindici sono firmati da te…
“E’ stata una scelta casuale, naturale, avevo l’esigenza di scrivere i testi, perché forse mai come in questo momento ho fatto pace con la mia parte che canta. In passato avevo bisogno che mi venisse riconosciuto il ruolo di autrice di testi, poi crescendo ho capito che l’importante è quello che senti e quanto riesci a esprimerlo con verità, prima di tutto per te stessa. I brani che non ho scritto io, quelli firmati da Tony Maiello e Pacifico, li ho scelti perché ci sono delle frasi che sembravano parte della mia vita, e mi è piaciuto come questi due autori, uno giovane e l’altro affermato, le hanno colte”.
Un tema centrale del disco è indubbiamente il ritorno all’individuo e il guardarsi dentro per ritrovare se stessi…
“A volte mi chiedo se la risposta al malessere, alle difficoltà, al farsi male l’uno con l’altro possa essere il ritorno a sé, guardarsi dentro, imparare ad amarsi anche se non ci si piace e portare poi questa attitudine all’esterno, nel rapporto con l’altro. Poi però penso che con i problemi che ci sono oggi relativi al lavoro, al mutuo da pagare a fine mese, alla gioventù che non trova occupazione, non ci sia il tempo per guardarsi dentro. E’ anche un fatto di abitudine. Nessuno ci ha abituati a considerare quella parte meravigliosa insita nell’essere umano che è quella che sente, che percepisce le cose che non si vedono e questa va allenata perchè porterebbe dei benefici. Un cambiamento vero c’è se ogni piccola cosa che il singolo individuo riesce a fare anche se non visto, non lodato o apprezzato, si ripercuote a livello universale. Siamo parte di un tutto, siamo soli ma viviamo anche insieme agli altri”.
Una società sempre più social come quella in cui viviamo, quanto può influire sulla possibilità di guardarci dentro?
“E’ proprio l’Oronero. Il social, la possibilità di entrare in contatto con gli altri con facilità è una risorsa, se viene usata nel modo corretto. Nel momento in cui si rovina la risorsa, come con il petrolio, quel contatto utilizzato solo per massacrare le persone e per esaltare se stessi diventa veleno. Ci sono anime molto sensibili e fragili che ne soffrono e alcuni avvenimenti orribili successi nelle ultime settimane ne sono la dimostrazione. Quando accadono cose sbagliate bisogna ribellarsi. Se io avessi avuto i social quando ho iniziato a cantare, quando ho fatto Sanremo sarebbe stato bellissimo, avrei avuto un riscontro immediato da parte del pubblico. A quei tempi non c’era un contatto così diretto con i fan, oggi è tutto diverso. Penso però che l’attenzione debba essere data alla persona, sono necessari il rispetto, la considerazione, la capacità di capire cosa vive l’altro, prima di dare giudizi o di sentirsi in dovere di giudicare”.
Come si affrontano i giudizi e i pregiudizi della gente?
“Il pregiudizio è una cosa pericolosa perché non vedi la realtà, il giudizio invece fa parte del dire, dell’esporsi, è un modo per mettersi in discussione, l’importante è che sia costruttivo. Io vivevo il giudizio malissimo, per anni ho cercato di schivarlo nel mio lavoro, poi ho imparato che se fai una cosa creativa, quando esprimi te stesso non devi pensare a come possono giudicarti gli altri. Più sei sincero con te stesso e più vivrai bene il giudizio, positivo o negativo che sia”.
“Regina di notte” ha sonorità molto elettroniche che ricordano quelle di “La mia stanza”…
“E’ il continuo di “La mia stanza”, è un pezzo da ballare sul cubo. Ho scoperto la discoteca a trent’anni, perché prima ero più intellettuale e frequentavo i club, sono molto fiera di quella parte che poi porto dal vivo. Sembra quasi la continuazione del disco precedente. Avevo già collaborato con i coautori del pezzo, che hanno scritto tra l’altro un brano con Whitney Houston, quindi ho messo la citazione “I’m the queen of the night”. E’ una canzone divertentissima da interpretare”.
In che modo hai lavorato sul sound?
“Con Canova ci siamo visti la prima volta quando ancora il disco non era stato fatto, ed eravamo concordi sul fatto di voler recuperare la ritmica elettronica presente in “Dietro le apparenze” del 2011, che amo perché mi ricorda l’r’n’b degli anni Ottanta-Novanta. Michele ha aggiunto il suono internazionale ma anche dell’altro. Quello di “Acrobati”, ad esempio, per me è l’arrangiamento più bello del disco, è fuori dai canoni, ma mi piace quando si libera la creatività. La coerenza nell’album è data dal suono generale che fa sì che ogni pezzo sia collegato all’altro”.
Il brano “Credo” scritto da Tony Maiello è il manifesto della speranza, del credere in un futuro migliore, anche per i propri figli…
“Io credo che ogni donna, che abbia figli o no, ha dentro di sé questa sensibilità che le permette di guardare le cose in modo materno. Certo, avendo un bambino di sei anni e mezzo, penso a come sarà il suo futuro e cerco di parlare con lui di queste tematiche legate alla natura. E’ una cosa preziosa avere delle conoscenze e poterle trasmettere alle generazioni nuove”.
Rispetto ai precedenti lavori, in questo disco si percepisce una rabbia maggiore. Da cosa nasce?
“Mi sono arrabbiata perché non cambia niente. E’ da “Ladra di vento” del 2003 che aspetto il cambiamento, che non è mai arrivato. E’ vero c’è un po’ più di rabbia in questo disco ma anche uno spiraglio di speranza, la spinta verso un miglioramento”.
Quanto ti senti cambiata in questi ultimi anni?
“Sicuramente ho imparato a difendermi anche nella mia vita, prima rispondevo agli attacchi giustificando gli altri, ora invece mi arrabbio, protesto. Alla fine non cambia nulla ma fa bene a me stessa”.
Come mai in questo progetto hai deciso di non inserire duetti?
“All’inizio del disco ho chiesto a Sony di trovare una collaborazione ma gli artisti italiani e internazionali contattati erano tutti impegnati con la produzione del loro album. Quando ho visto che non si concretizzava nulla ho deciso di uscire con un progetto in cui le tracce fossero firmate da me, insieme a Pacifico, Maiello ed Emanuel Lo che ha scritto tante belle cose. Quando ho sentito Oronero per la prima volta non ho capito il pezzo, ma quando l’ho cantata e sono arrivata al punto in cui dico “so che rimarrai al mio fianco” mi sono commossa”.
Pensi che la musica possa costituire un veicolo per cambiare la società in cui viviamo?
“Io penso di sì, perché la musica arriva proprio in quella parte che non è sollecitata, l’anima, l’essenza, la sensibilità della persona, allena quella parte, la fa uscire. Poi ovviamente conta anche il contenuto dei brani”.
Ti piacerebbe tornare al Festival di Sanremo come cantante in gara?
“Adesso non ce la farei ad andare al Festival e partecipare alla gara, quella settimana è tosta sia a livello fisico che mentale, poi io ho fatto primo, secondo e terzo posto come la grande Nilla Pizzi, perché rovinare questa rosa di podi? (scherza). Se Carlo Conti mi dovesse invitare come ospite andrei volentieri. Quel palco, oltre ad essere stato per me l’inizio di tutto, è emotivamente magico”.
Il tour partirà a marzo. Hai già qualche idea riguardo il live?
“A fine marzo torno in tour, farò venti date e toccherò quelle città in cui non vado da tempo come Bari e Genova. La cosa difficile sarà fare la scaletta, mettendo insieme pezzi classici, qualche cover e brani nuovi per accontentare il pubblico, che è composto dai fan storici ma anche da quelli più giovani”.
Testo di Francesca Monti |