Eccitazione cerebrale. Vi è mai capitato? Mettete orecchio ai Junior Jack, e capirete di cosa sto parlando. I pensieri titillati da un beat, le emozioni che parlano attraverso i suoni che ascolti, la sintonia totale, senza compromessi e senza esitazione. Complicità. Pace. Sensualità. Da non credere, che questo trio di Hamilton (Canada) sia al disco di debutto. “Last Exit” è un prodotto sartoriale di ottima qualità per il vostro raffinato gusto musicale, “Last Exit” è un disco che potrebbe essere indie nonostante la sua ballabilità assoluta. Electro-pop che può sembrare di nicchia, ma che non lascerà nessuno indifferente.
Cominciamo col contestualizzarli. Jeremy Greenspan e Johnny Dark partono in due. Capita loro di ascoltare la magia vocale di David Sylvian in “Bamboo Houses”, e il sogno di Dem2 in “Baby (you’re so sexy)”, e questi diventano i modelli di riferimento. Questo è il futuro della musica, per Jeremy e Johnny. Peccato però che il loro sound sia un po’ troppo pop per l’underground, ed un po’ troppo garage per il mainstream; per i due è difficile trovare una collocazione stabile nell’offerta musicale elettronica. Perché loro fanno dance, electro-dance, ma senza dimenticare la passione ed il sentimento. E’ un prodotto ibrido sconcertante, e al contempo affascinante.
I primi due embrioni a prendere vita sono il “Birthday EP” e il “High Come Down EP”.
La bellezza del nuovo, dell’ignoto, non lascia indifferente Matt Didimus, ingegnere del suono della KIN Records. Che ascolta i demo di J&J e li sprona a perseverare su quella strada, aiutandoli concretamente. “Last Exit” comincia a prendere forma. L’elettronica si sintetizza, si fa sincopata, ma fonde ai singhiozzi hi-tech la poesia e l’incanto del più puro r&b UK; l’armonia delle contrazioni e le scosse del sentimento. Impossibile da etichettare.
Il retrogusto del bouquet di suoni è di reminescenza anni ’80: Talk Talk, Utlravox, John Foxx, e la voce di Jeremy ricorda un giovane Brian Wilson, naif e vulnerabile. La nuance dominante però è un tono di contemporaneità inappellabile. “Neuromanticism”, come da alcuni è stato definito. “Avant-garde pop”, dicono altri. Human synth-pop, diremmo noi. O meglio, questo è il futuro del pop, il futuro che sposa il retrò.
Junior Boys hanno creato qualcosa di sconcertante ma proprio per questo curioso. Magari “Last Exit” non è da amore al primo ascolto, ma è da amore che cresce e che diventa col tempo totale. Perché vi sfidiamo a trovare un prodotto pop che sfugge ai cliché, o, se preferite, un’essenza underground che riesce a sfiorare il vostro io con incantevole leggerezza e delicatezza, come fa questo dei Junior Boys.
Brividi per l’anima che socchiude gli occhi.
Elisa Bellintani 12 ottobre 2004
|