Qual è il vostro primo parziale bilancio? Cosa si prova a gareggiare a fianco dei Big?

Direi che il bilancio è assolutamente positivo. Sanremo 2016 è un nuovo punto di partenza per i Dear Jack, per questo ci siamo prefissati di affrontare il Festival con tutto l´entusiasmo possibile. Leiner è riuscito a trasmettere al pubblico le emozioni che abbiamo vissuto sulla nostra pelle e che volevamo comunicare. Per lui era la prima volta a Sanremo, e quando siamo scesi dal palco e ci siamo guardati aveva addirittura gli occhi lucidi. Questa sera speriamo di dare il nostro meglio per riuscire approdare alla finale di domani, ma se non dovesse succedere andrà bene lo stesso. Siamo comunque soddisfatti perché il nostro album, uscito due giorni fa, sta andando molto bene. Ci capita di sentire la gente per strada che canticchia il ritornello di “Mezzo respiro”, ed è una bella sensazione.

Come vivete “la zona rossa”?

Ci interessa relativamente. Tantissimi artisti che in passato sono arrivati ultimi hanno raggiunto comunque un grandissimo successo, ci vengono in mente Zucchero o Vasco Rossi. Comunque andrà, sapremo di essere stati noi stessi, e già questo ci rende molto contenti e soddisfatti.

Parliamo del pezzo in gara, “Mezzo respiro”. Sembra che descriva un momento in cui la rassegnazione della fine di una storia si mescola alla volontà di aggrapparsi ad un ultimo momento felice...

La cosa bella di questa canzone è che parla sicuramente di un amore, ma si riferisce anche a tutte quelle cose della vita che ad un certo punto finiscono, e da cui bisogna cercare di trarre il lato positivo. Se la vita fosse un libro, si tratterebbe di una una pagina da voltare, non certo da strappare via. Pensandoci, è proprio quello che è successo a noi Dear Jack nell´ultimo periodo. E´ un concetto che nel nostro disco è molto ricorrente, una sorta di collante che lega tutte le canzoni, anche se sono molti diverse tra loro.

E la vostra copertina?

Esprime esattamente questo concetto di varietà. Abbiamo scelto di non mettere una nostra foto sulla cover proprio per comunicare il cambiamento a cui stiamo andando incontro, e abbiamo anche creato un logo per ribadire la nostra identità. L´immagine composta dai colori primari che si mescolano rappresenta tutte le sfumature e le venature della musica del nostro album, che va dal rock, al latino americano, fino all´hip-hop.

Domanda di rito: cosa si prova a gareggiare contro il vostro ex-compagno Alessio Bernabei?

Sapevamo già da un po´ che avremmo condiviso il palco. L´altra sera abbiamo guardato il Festival mentre cenavamo, e ad un certo punto è arrivato il momento dell´esibizione di Alessio. Non possiamo nascondere che l´effetto sia stato strano, ma non in senso negativo. Eravamo lì, col fiato sospeso, stando attenti che facesse tutto per bene e che avesse corretto gli errori di cui avevamo parlato durante le prove. Ci siamo resi conto che stavamo facendo il tifo per lui, ed è stata una bella sensazione. Noi abbiamo trovato una strada che ci piace e ci dà soddisfazione, lui probabilmente da solo riesce a esprimersi meglio e in un modo più coerente con se stesso. Va bene così.

Nel nuovo disco avete deciso di inserire una nuova versione di tre pezzi del vostro secondo album: “Uno sbaglio insieme”, “Ora o mai più”, “Le strade del mio tempo”. Perchè questa scelta?

Si tratta di tre brani che volevamo valorizzare e che nonostante il nuovo percorso intrapreso dai Dear Jack, consideriamo ancora parte di noi. Una soluzione per creare continuità è stata quella di riarrangiarli e adattarli alla voce di Leiner. Probabilmente sarebbero usciti come singoli se non fosse successo quello che è successo. Per rimediare, allora, abbiamo scelto di portarli con noi nel nuovo album. L´idea è quella di non rompere completamente col passato, ma dire qualcosa che ci leghi ancora al nome dei Dear Jack di prima. Un filo che collega il nostro esordio con il futuro.

Serata cover: l´anno scorso avete scelto Sergio Endrigo, quest´anno il Quartetto Cetra. Vi riferite spesso al passato per trarre ispirazione? Come vivete il rapporto con le canzoni storiche italiane?

Abbiamo scelto pezzi molto datati perché siamo consapevoli che il nostro passato musicale custodisce perle meravigliose, ma purtroppo le nuove generazioni non le conoscono. Molti di questi brani hanno fatto il successo della musica italiana nel mondo, e il Quartetto Cetra ne è un esempio perfetto. Abbiamo sempre amato rispolverare i pezzi storici, così che anche il nostro pubblico possa scoprirli e riscoprirli con noi. Abbiamo riproposto una versione molto rock di “Pensiero” dei Pooh. Roby Facchinetti l´ha apprezzata tantissimo, tanto da inserire nel nuovo disco un nuovo arrangiamento del brano che si ispira proprio al nostro. Vedere il pubblico che cantava “Pensiero” ad alta voce, coi pugni alzati verso il cielo, è stata una sensazione meravigliosa, uno dei momenti più belli che ci siano mai capitati.

E la scelta di inserire “Oro” di Mango nel vostro disco com´è venuta fuori?

Siamo stati invitati a una serata tributo a Mogol, che andrà in onda tra qualche settimana su Rete 4. Abbiamo pensato di riarrangiare “Oro”, un pezzo complicatissimo sia nelle armonie che nell´interpretazione. Abbiamo voluto rischiare perché Mango è un autore a cui siamo tutti molto legati. E´ capitato spesso di suonare le sue canzoni quando studiavamo alla scuola di musica, per questo abbiamo colto la palla al balzo. Il pezzo è stato difficile da affrontare, ma per renderlo più leggero, radiofonico e moderno lo abbiamo tagliato un po´, senza modificare il testo, aggiungendoci dell´elettronica e chitarre funky. Siamo soddisfatti del risultato, e al pubblico è piaciuto moltissimo.

Tra gli artisti che partecipano a questa edizione del Festival di Sanremo, chi preferite? E se doveste eleggere un vincitore tra tutti i cantanti della storia del Festival, a chi dareste il premio?

Ci piacciono molto gli Stadio, siamo fan storici di Elio e Le Storie Tese, abbiamo amato moltissimo la performance di Arisa. Lei ha una personalità davvero interessante, è una voce fuori dal coro e dalle regole. Delle edizioni passate, invece, probabilmente i nostri preferiti di sempre sono i Quintorigo.

Testo di Angela Suriano

12/02/2016