Chitarrista degli Ameba 4, frontman de La Fame di Camilla, autore di successo, Ermal Meta è un fiume in piena di parole e musica. Sincero nella scrittura, viscerale nelle emozioni trasmesse tra le note dei suoi brani, diretto e cosciente. Un artista a tutto tondo, sicuramente sotto lente di ingrandimento per talento innegabile. Esce Umano il disco in cui emerge pienamente chi è il cantautore della nuova generazione, le sfumature e i lati di un animo in continua evoluzione.

Giornate frenetiche suppongo. Ti aspettavi di esser scelto tra le Nuove Proposte?

No perché non sono più giovane. Ho 34 anni (ridendo ndr).

Anche l’anno scorso se non erro avevi provato ad entrare tra le Nuove Proposte

Guarda, l’anno scorso ero davvero allo sbaraglio. E’ stato più un tentativo per non avere, poi, il rimpianto.

Secondo te cosa ha ingranato invece quest’anno?

Sono fuori dalle logiche del senno di poi. Quando decidi di presentare un brano piuttosto che un altro non pensi alla commissione che avrai di fronte, è solo una questione emotiva, ciò che ti rimanda il brano

E’ arrivato che Rosita ballasse. Rispetto alla canzone di Beatrice Visconti che non ce l’ha fatta. Penso che Odio le favole sia una canzone più appetibile radiofonica, suona in modo vivace.

Il tuo percorso musicale non è un percorso facile. Parti con due band gli Ameba e La fame di Camilla, inizi a scrivere per altri e in qualche modo tu hai preso parecchie porte in faccia. Partecipare ha un senso anche di riscatto della tua figura come cantautore e musicista?

No assolutamente. Non c’è nessuna voglia di rivalsa. Di porte in faccia come autore ne ho prese anche, solo che quelle degli autori non si vedono. Come cantante è più visibile. Credo di essere molto fortunato, ho sempre fatto cose che mi sono piaciute al di là di come siano andate. Non bado al risultato ma alla partita, se te la giochi bene, qualsiasi sia il risultato. If you do the best you can, you try the best you can, the best you can do is enough, cantava Tom Yorke. Sono di quel partito lì. Testa bassa, tendi ogni tuo muscolo dai il Massimo, se poi non ce la fai fa niente, c’è voglia solo di fare un bel disco ed è stato molto faticoso perché l’ho arrangiato, prodotto e suonato tutto da solo, perché non coincidono i tempi con le persone con cui avrei voluto lavorare.

Sanremo è comunque una gara, temi qualcuno?

Temo tantissimo me stesso, perché sono un sabotatore pazzesco. Sono il peggior sabotatore di me stesso, ci convivo da almeno trent’anni , lo so e mi conosco.

Occhio che lì è buona la prima. Pensi che la tua dote maggiore sia la tua sensibilità?

Penso di essere molto vero nella scrittura per totale incapacità di artifizio. Non sono capace di fingere, qualsiasi emozione traspare nel mio volto. Non sono capace di indossare altri panni rispetto alle emozioni che provo. Ogni volta che scrivo, l’unica cosa che si evince è la verità di ciò che provo in quel momento. Questo credo che di me amo e odio di più

Penso che sia molto evidente, pensando a Lettera a mio padre, non penso che chiunque possa scrivere e cantare un brano simile.

Hai lavorato sodo per chiudere questo album di inediti, Umano

Sì un lavoro frenetico. Umano racchiude canzoni scritte negli ultimi due anni con esperienze prese e messe da parte. Il sound è molto diverso da quello che era la Fame di Camilla, che tu ben conosci. Non amo gli album molto lunghi, credo che distraggano l’ascoltatore. Ogni brano è un pezzo della mia vita, giornate, momenti e storie.

L’hai citata tu, non è la prima volta che calchi quel palco: Ameba 4 prima e la Fame di Camilla, poi.

No però è come se fosse la prima perché le altre due volte ci sono stato con una band, questa volta da solo.

Ti senti le spalle meno coperte? In una band la tensione viene smistata tra i vari compagni della band.

Assolutamente così. All’interno di una band sei in famiglia, ti senti protetto. C’è un filtro costante, ora ci sono solo io. Non so come sarà perché è un’esperienza che non ho mai vissuto in questo modo. Sicuramente alcune dinamiche le conosco perché ci sono già passato, però in sostanza non so come sarà. Sarà come se fosse il mio esordio, durante il Festival ti dirò come sarà.

Tendenzialmente la prima esibizione è correlata da colorito verdognolo.

Vale per le Nuove Proposte e per i Big, solo che i primi sono meno truccati (ridendo ndr)

Che fotografia hai scattato di te attraverso Umano?

Il songwriting si può tranquillamente accompagnare da un suono particolare. Non necessariamente il cantautorato ha solo l’immagine ben nota in Italia e riconducibile a un particolare periodo storico culturale.

Trovo alcune critiche che ho letto sterili, ci si dimentica che siamo nel 2016 e che c’è un cantautorato oggi che ha voglia di far ascoltare qualcosa.

Il cantautorato è cambiato. Questo non vuol dire che il cantautorato degli anni 70 non esista più, c’è però da considerare che non per forza sia il solo modo di proporsi, che c’è anche altro oltre una chitarra e la gamba accavallata. Per quanto io ami moltissimo quell’immagine, il discorso è che ci può esser qualcosa di diverso, non vuol dire per forza meglio o meno.

Chi sono i tuoi ascolti musicali oggi?

Molteplici, sto divorando musica in quantità industriale Ascolto di tutto. Artic Monkeys, HYM, molta musica classica che mi aiuta a distendere l’emotività. La prima musica che ho imparato ad ascoltare è stata la musica classica dal vivo, essendo figlio di violinista, mia madre suonava.

Cosa ti ha dato Milano?

Milano mi ha dato il sangue freddo e mi ha tolto un po’ di sangue caldo. E’ stata una trasfusione. Milano è una città che mi piace, la trovo stimolante. Sono lontano dalla terra che conosco bene, eppure la confort zone spesso ti obbliga ad adagiarti. A volte, bisogna uscirci senza alcun tipo di eroismo. Sono molto concentrato su ciò che sto facendo e sul fatto che voglia farlo al meglio. Milano mi ha regalato la capacità di aspettare e a fare la mossa nel momento giusto.

Felicissima di saperti nella scuderia Mescal, da cosa nasce questa scelta?

E’ una realtà nel panorama italiano, che ha prodotto cose che ho amato negli anni. Quando sono andato la prima volta vedendo le stampe dei dischi che ho consumato, mi sono emozionato.

Testo di Elena Rebecca Odelli