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 TEATRO DEGLI ORRORI
TEATRO DEGLI ORRORI IL TEATRO RIAPRE
IL TEATRO RIAPRE

"La destra esiste e domina il paese attraverso il PD". Dopo tre anni, la potenza e la cura selvaggia della musica, la poesia e il sarcasmo delle parole sono tornati.   

Il teatro degli orrori è il quarto album in studio de Il Teatro degli Orrori. E se il terzo album della band, Il mondo nuovo, vi era apparso un po′ sottotono, non disperate: dopo tre anni, la potenza e la cura selvaggia della musica, la poesia e il sarcasmo delle parole, il disincanto e la sana violenza dei pezzi, sono tornati. Tutti insieme. Tutti nelle dodici tracce del nuovo lavoro uscito il 2 ottobre scorso.

Disinteressati e indifferenti, La paura, Lavorare stanca, Bellissima, Il lungo sonno (lettera aperta al Partito Democratico), Una donna, Benzodiazepina, Genova, Cazzotti e suppliche, Slint, Sentimenti inconfessabili e Una giornata al sole raccontano di un′Italia quasi allo sfacelo, di cittadini smarriti e di voglia di agire. Con timbri forti e ritmi incalzanti, raccontano di emarginazioni ed esclusioni sociali, prigioni reali e metaforiche, il disagio psichico e il big business farmacologico, l′alienazione del lavoro e il consumismo compulsivo, la violenza omicidiaria dello stato, il dramma dei profughi in fuga dalle guerre.

Ce lo conferma Pierpaolo Capovilla, voce del gruppo, nella chiacchierata che vi riportiamo. Che aspira a far riflettere (e non banalmente!) su quanto la musica possa essere, a volte, la giusta chiave di lettura per la comprensione del contesto sociale e culturale di questi anni.

Innanzitutto, bentornati al Teatro degli Orrori.

Entriamo subito nel vivo: raccontami del nuovo album. Come è nato, come è cresciuto, cosa senti adesso che è fuori?
Siamo tutti molto elettrizzati per l′uscita del disco. I ragazzi stanno suonando alle prove con un entusiasmo e un′energia e anche con una coesione umana inediti, è qualcosa di sorprendente. La mia aspettativa è veramente alta in questo momento, credo che faremo dei concerti pazzeschi perché il gruppo, anche se adesso non siamo più in quattro ma in sei, è più unito che mai e io sono felice di questa situazione.

Perché la scelta di chiamare il disco proprio come voi? O meglio, perché non dargli un titolo?
In realtà noi abbiamo cercato un titolo per mesi, non sai le risate che ci siamo fatti perché abbiamo avuto idee veramente grottesche. Alla fine però abbiamo deciso di non dare un titolo al disco perché questo è un nuovo inizio: abbiamo composto il disco in sei, la band si sta quindi diversificando essendo ora un sestetto e non più un quartetto. Si tratta quindi di un nuovo debutto anche perché io mi considero un dilettante allo sbaraglio: infatti, ogni volta che si pubblica un disco è sempre una storia nuova. Questa volta, però, ci è venuta una riflessione: perché cercare un titolo quando il nome del gruppo è perfetto per descrivere la scena attuale che tutti stiamo vivendo. Che cos′è l′Italia oggi? L′Italia oggi è un teatro degli orrori. Insomma, ci sembrava che cascasse a fagiolo.

Cosa mi racconti quindi dei due nuovi ingressi?
Marcello e Gionata lavorano insieme ma con un unico cervello: è una cosa davvero eccezionale. I due ci avevano già seguito durante la tournée de Il mondo nuovo e quella di A sangue freddo quindi ci conosciamo bene e siamo molto uniti dal punto di vista umano e relazionale. Grazie a loro, poi, adesso c′è anche l′elettronica nella musica del Teatro degli Orrori: prima non c′era, ora c′è. Evviva.

Con questo disco è come se foste tornati agli inizi della vostra carriera: colori forti, suoni decisi. Non dico che in questi anni vi siete dati alle ballate ma ne Il mondo nuovo, c′era, forse, qualcosa di diverso. Con questo album, la bomba è riscoppiata.
Sì, abbiamo radicalizzato il suono per riportarlo alle origini. Il pensiero iniziale è stato proprio questo: facciamo un disco rock, di quel rock autentico, genuino, radicale ed estremista. Volevamo fare un passo indietro ma ne abbiamo fatti un paio in avanti. E questo grazie all′elettronica. A parte questo, il disco rispecchia a pieno la nostra identità artistica e la nostra cifra stilistica. E a noi non importa nulla delle differenze con i dischi precedenti rispetto a quello nuovo e via dicendo: c′è sempre un certo grado di incoscienza, quella incoscienza bella e luminosa che ci spinge a sfidare noi stessi, a sfidare il nostro pubblico, a sfidare la nostra fan base. La nostra preoccupazione, quindi, non è quella di piacere, la nostra vera preoccupazione è quella di riuscire a dispiacere il nostro pubblico. E si tratta di un dispiacere poetico, narrativo.

Ti riporto una mia considerazione personale dopo l′ascolto del disco: parlare dell′Italia nel modo in cui voi parlate, nel modo in cui suonate.. è come ci fosse alla base un grido di speranza, un monito ad agire. Mi sbaglio?
La tua considerazione è assolutamente esatta. Tutta la disperazione di cui noi parliamo cela una luce di speranza, una piccola fiammella. Il nostro obiettivo è far diventare quella fiammella un incendio.

L′album è forse il più diretto di tutti. Non ti chiedo di parlarmi di tutti i pezzi ma di un paio sì. Cosa mi dici di La paura?
La paura parla di un ex carcerato che esce da galera e si ritrova sbattuto sulla strada senza nessuno che lo aiuti. Si tratta di una storia molto semplice che narra della figura dell′emarginato che non sa cosa fare dalla mattina fino alla sera se non perdersi. Quindi una figura da associare a quelle del precario, del disoccupato, di chi non sa come arrivare alla fine del mese. Quindi La paura è veramente un grido di disperazione. Nel ritornello si dice: "La paura è madre di ogni violenza". Ed è vero e lo dimostra la storia del nostro Paese. In Italia negli ultimi trent′anni di paura ce ne hanno instillata tantissima, ce l′hanno suggerita, l′hanno insinuata nelle nostre vite. Chi lo ha fatto? Un ceto politico piuttosto che un altro. La Lega, ad esempio. Cos′è il leghista? Cos′è il leghismo? È un neo fascismo costituito da gente che semina discordia e paura nel Paese. La gente oggi ha paura dei neri come avrebbe paura di un gorilla. Gente che è riuscita inculcare ai cittadini la paura per tutto ciò che è diverso, che viene dall′esterno. La paura quindi è una canzone dedicata a chi ha paura per fare in modo che queste stesse persone possano un giorno emanciparsi e riscattarsi. L′unica cosa di cui dobbiamo aver paura, infatti, siamo noi stessi.

E di Una giornata al sole?
Parto col dire che questo è il disco più tenebroso, più scuro e più disperato.Cazzotti e suppliche è proprio l′apice di questo inscurimento. Lo abbiamo voluto concludere con questa nota di luce, di felicità, di speranza ma si tratta di sentimenti amari perché la canzone racconta della domenica dell′operaio, l′ora d′aria del carcerato. Ecco che si torna quindi a La paura. C′è una coerenza nei testi che io non ho nemmeno cercato, è venuta fuori da sola in modo del tutto naturale. Il mio amico Lenny Bottai, pugile e comunista, mi ha detto: "Questa volta sei riuscito a fare dialettica a gamba tesa". Lui intendeva sicuramente la dialettica marxista che poi ha associato al lessico calcistico. E la descrizione è stata assolutamente efficace per descrivere il disco.

Dai, fammela una battuta su Il lungo sonno..
Il lungo sonno è una canzone che non potevo non scrivere e non cantare perché io sono un ex militante del Partito Democratico e vivo con repulsione, rabbia, stizza e lutto il mutamento così repentino del partito, erede del Partito Comunista Italiano di Enrico Berlinguer di cui si ricorda ancora oggi la figura moralizzatrice. Oggi il Partito Democratico grazie a Renzi e al nuovo gruppo dirigente si è infatti trasformato in pochi mesi in un partito di destra. E quando ci vengono a dire che la destra e la sinistra in Italia non ci sono più ci stanno raccontando un′enorme e palese menzogna: la destra, infatti, esiste e domina il Paese attraverso il Partito Democratico stesso che è succube delle ideologie neo liberiste, attraverso tutti i neo fascismi possibili quali il Leghismo, Casapound e il fascismo quello vero e concreto ossia la mafia, la ′ndrangheta, la camorra. Perché cos′è il fascismo se non gerarchizzazione sociale e prevaricazione e quindi legge del più forte? Come esiste la destra, esiste però anche una piccola parte del Paese che è minoritaria e sana, dai veri, buoni e giusti principi che sogna un Paese più giusto e più equo. E non mi riferisco soltanto alla classe operaia ma anche a una certa borghesia ragionevole e di buon senso che comprende che il bene collettivo è anche bene privato. Bisogna smetterla con questa narrazione secondo cui ciò che è bene per me è bene per gli altri e sostituirla dicendo che ciò che è bene per tutti è bene anche per me.

Io non ho figli, anche se ho quasi 50 anni ma mi piacerebbe averne uno. Se io avessi un figlio adolescente, per starmene tranquillo lo parcheggerei davanti alla play station o davanti alla tv? No. Io vorrei che lui scendesse in piazza, per incontrare i suoi coetanei e farci due chiacchiere, per incontrare una bella ragazza e imparare con lei a fare all′amore. Tutto questo in piena sicurezza, in una società sufficientemente coesa affinché io non debba, come padre, aver paura di cosa fa mio figlio quando esce da casa. Cosa che non fanno i padri oggi che parcheggiano i figli davanti a un pc. Ma cos′è questo oggi? Questo è un lento morire. Sì, la famiglia è il centro della società, è il più importante ammortizzatore sociale esistente. Ma io cosa me ne faccio di un figlio che non posso far diventare un cittadino? Non me ne faccio nulla, diventerà un cretino. Quindi il bene comune è il bene mio, è una questione di convenienza, di buon senso, è una questione di egoismo collettivo, furbo, intelligente, un egoismo stirneriano.

Sei stato quasi illuminante, ti dirò..
Mamma mia, non so se sono stato illuminante. Io ho le idee più confuse di prima (ridiamo, nda).

Cambiamo argomento, così, all′improvviso: la canzone di altri che porti nel cuore?
Ti rispondo d′istinto: una canzone che porto nel cuore è Il mare di Pino Daniele.

E la tua canzone che porti nel cuore?
Die Zeit che cita Il mare di Pino Daniele. Ci manca tanto Pino Daniele. Lui è stato un grande della canzone italiana, è stato il più grande napoletano del secolo perché è stato uno di quelli che è riuscito a dare una speranza al suo popolo: una speranza di libertà, di poesia, di democrazia, di riscossa, di emancipazione. Lo ha fatto con le canzoni, e che canzoni! Io, sai, so benissimo che con le canzonette non faremo mai la rivoluzione ma Pino Daniele mi insegna insieme a De André o a Bob Dylan che il mondo lo possiamo comunque cambiare dando semplicemente il nostro contributo.

Quali sono i progetti futuri de Il Teatro degli Orrori?
Naturalmente il tour. Iniziamo il 22 ottobre in quel del Pedro a Padova, quindi in uno di quei centri sociali dove è nato l′antagonismo del nord est. E siamo orgogliosi di aprire il tour in un posto del genere. Andremo avanti per tutto il 2016 e in gennaio ci sarà la tournée con un gruppo che si chiama Buñuel.

Allora, in bocca al lupo, buon inverno e grazie.
Grazie a te, buona vita, ti abbraccio.

 

Testo di Matteo D′Amico

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