Enrico Nigiotti, cantautore livornese, stasera si gioca la finale delle Nuove Proposte di questo Sanremo targato Carlo Conti, col brano Qualcosa da decidere.
Toscano verace, diretto e istintivo (si autoeliminò al serale di Amici per salvare la sua ragazza d’allora), dopo 3 anni di silenzio e porte chiuse in faccia, è l’emblema del riscatto e delle seconde possibilità.
Buona la prima! Eri emozionato?
“Sì, ieri facevo il ganzo, invece ero emozionato. Però ho cercato di non subire l’emozione ma di renderla attiva. È un’emozione indescrivibile, è Sanremo. Se stai facendo un concerto pensi solo a quello, qui è tutta un’altra cosa. Sono contento, molto”.
Si può dire che Nigiotti sta a Britti come due chitarre che suonano?
“Sarebbe un onore. Fra l’altro è qui, come anche Grignani… mi hanno scambiato per Gianluca tre giorni fa! (ride, nda)”.
E col tuo produttore, Brando, com’è andata?
“Lavorare con lui è stupendo, ha capito benissimo chi sono; oltre che produttore è chitarrista, e ha capito subito come vestire l’album, che è appena uscito”.
E come l’ha vestito?
“Con un sound pop-blues, anche molto inglese, sebbene in pezzi molto differenti fra loro, tracciano tutti la mia storia”.
Che Enrico ne esce?
“Esce l’Enrico di oggi, di questi ultimi tre anni. Un Enrico che come tanti giovani cercano una possibilità, un riscatto. Io mi sento la Cenerentola di questo Festival, o il Rocky Balboa. Il messaggio che vorrei dare è di non fermarsi mai, di non scoraggiarsi, di fronte a 150 mila porte”.
Una te la sei chiusa da sola…
“Sì, è vero, e quella porta mi ha chiuso tutte le altre. Io per due anni e mezzo scrivevo e mandavo pezzi ma nessuno mi rispondeva. Ma non ho mai smesso. Poi sono riuscito ad accattivarmi Adele Di Palma, volto storico della musica italiana, manager di De André, Fossati, Gianna Nannini…”
Della quale aprirai le date del suo tour.
“Sì. Da maggio, nei palazzetti. Chitarra acustica e voce di fronte a 15 mila persone… L’ho già conosciuta allo showcase, sabato sicuramente la incrocerò e la ringrazierò come si deve”.
L’immagine emblematica di te dopo la tua esibizione è stata quando Conti voleva darti la mano e tu la chitarra. È in qualche modo la tua coperta di Linus?
“Sì. È il preservativo della mia timidezza! (ride, nda). Io nasco come musicista, sono abituato ad averci qualcosa addossa. Senza la mia chitarra sarei sperduto”.
Quando Carlo Conti ti ha chiamato via skype e ti ha comunicato che eri della partita, cosa hai pensato?
“Ci avevano detto che nel caso ci avrebbero chiamato alle 11 del mattino. Carlo mi ha chiamato alle 13.30, io ormai pensavo di essere fuori. Giravo in camera e li mandavo a quel paese in tutte le lingue”.
Ma anche se non ti avessero chiamato, tu avevi già il contratto in mano con la Universal.
“Infatti ci tengo a dirlo: secondo me è un punto di forza della Universal, ha creduto comunque in me. Massara è un gran Presidente. Mi fecero il contratto prima ancora di essere selezionato nei 60”.
Hai parlato di un disco molto blues, ma il pezzo di Sanremo non rispetta quelle caratteristiche.
“No, è un po’ country, un po’ pop, un po’ rock. Il blues è dato dalla mia chitarra, ci sono canzoni uscite meglio per le radio e altre no. Penso che questo brano, molto radiofonico, fosse perfetto per il Festival. Io voglio arrivare al popolo, non ai giornalisti”.
Quindi, in quest’ottica, ti trovi perfettamente in questo Festival di Conti, molto pop.
“Sì, mi trovo molto bene. Ieri ho avuto paura: non me ne frega niente del podio, ma volevo arrivare almeno a venerdì. Chanty è veramente bravissima, ha una gran voce”.
Il brano è nato con un tuo amico.
“Sì, in una sera d’estate, un po’… sporchi di vino (ride, nda)! È nato come una jam session, in modo molto naturale. È questo il suo bello”.
Tre brani del tuo disco che rappresentano tuoi modi di essere.
“Il tempo non rispetta rispecchia quello che penso dell’amore; Chardonnay invece la mia rigorosità, l’ho scritta pensando a Piero Ciampi; Rocky non è tardi, che potrebbe essere il secondo singolo, la mia tenacia e che descrive questi miei ultimi 3 anni”
Che sassolini dalle scarpe ti sei tolto?
“Sono riuscito a dimostrare alle persone che non credevano in me che forse si sbagliavano”.
L´ultima frase nel tuo booklet: Ringrazio le mie mani che hanno scelto di toccare la chitarra senza mai smettere. Quindi non ti sei mai staccato dalla musica.
“Mai. Ho fatto mille lavoretti per vivere, ma credo che nella vita bisogna rischiare; non sopravvivere, ma vivere”.
Se fossi nei nostri panni, che voto daresti al tuo disco?
“10 e lode. Come deve essere quando una fa una cosa con tutto se stesso, in modo sincero, ha il massimo merito. Poi il valore è soggettivo, ma rischiare, essere se stessi, metterci la faccia è importante”.
Andrea Grandi & Elena Rebecca Odelli
13 febbraio 2015 |