Dopo 5 anni torna al Festival Irene Grandi con Un vento senza nome, titolo anche del suo nuovo album, con 11 inediti.
In questo album c’è anche la collaborazione con Cristina Donà; cosa avete preso l’una dall’alta.
“Mi è sempre piaciuto il suo modo ‘logorroico’ di dire le cose, ammiro la sua spontaneità nel dire tante cosa, avere tante immagini a disposizione, mentre di me le piace il mio essere diretta e sintetica. Il brano che apre il mio nuovo disco, A memoria, è una sua composizione ed è il giusto mix fra le nostre attitudini, trovando anche punti in comune, come l’introspezione, l’amore per il dettaglio, l’ascolto dell’altro, cose che ho affinato in questi anni lavorando su me stessa, grazie anche a questo silenzio; ora era il momento giusto”.
Qual è stato il tuo luogo fisico in cui ti sei estraniata e dove ti sei fermata per tirare le fila? Mi riferisco ad esempio all’isola d’Elba dove hai girato il video di Un vento senza nome?
“Per me l’Elba è stata come un’iniziazione, ogni volta che ci vado torno con maggior consapevolezza, il suo essere selvaggio, la sensazione di essere in un luogo protetto. Da lì è nato il brano Paura non ho per Tiziano Ferro che lui poi ha inserito nel suo album”.
Nel disco ci sono diverse atmosfere: da quelle british fino al pop, passando dal funky e alla dance. Qual è il fil rouge?
“Credo che la mia personalità sia un prisma, mi piace scoprire tutti i miei lati, non solo quello solare, trasgressivo, on the road e irruento; crescendo ho scoperto di avere delle risorse più nascoste, e che la mia voce ha acquisito più profondità e un vellutato che prima non avevo, perdendo l’esplosività dell’inizio; ora ho più necessità di dire, di non gridare”.
Non è un caso che a maggio parte il nuovo tour nei teatri, in un’atmosfera più intimista.
“Esatto, è un po’ una seconda Irene, il teatro è una bellissima scoperta che va di pari passo con questa nuova atmosfera, anche più femminile. E questa evoluzione musicale va di pari passo col mutamento caratteriale, dove ho smussato alcuni lati del mio carattere”.
La protagonista del tuo brano sanremese, è forse una parte di te, legata al passato, che sai non tornerà?
“Mi sono ispirata anche a me ma a tutte le donne, alle loro storie, vicine o lontane a me. Volevo rivolgermi a tutte quelle che hanno coraggio, anche solo di crescere, di cercare e capire se quello che stanno facendo porta a un miglioramento personale”.
C’è nel disco un brano che più ti rappresenta?
“In tanti, considerando che i testi miei sono 7 su 11. Forse è il mio disco più personale: ho sempre scelto per me stessa, anche nei lavori passati, cercando autori particolari; ora sono ancora più in prima linea”.
Anche lo spirito con cui affronti il tuo quarto Festival è cambiato?
“Sì, ora sono quasi più contenta di esserci, di partecipare; non sento la gara, sento di avere già avuto una bella occasione di presentare qualcosa di mio, dopo tutti questi anni, che per me sono stati il tempo giusto. Anche l’uso di nuove sfumature della mia voce, accompagnata anche solo dal piano. Non voglio più spaccare lo schermo, voglio arrivare con l’emozione e con la serietà del messaggio: dopo la sofferenza si può voltare pagina, perché solo in quel momento si può migliorare e fare un passo avanti”.
Mi chiedo se la parentesi con Bollani ti abbia indicato questa nuova via.
“Sicuramente sì, suonare con lui e seguire i suoi consigli, cercando un timbro più caldo e vellutato mi è sicuramente servito. Anche nella tournée con Saverio Lanza mi ha aiutato a cercare questa nuova armonia. Questo brano sanremese sembra una naturale continuazione, anche se è stato composto un anno e mezzo fa circa”.
Andrea Grandi & Elena Rebecca Odelli
10 febbraio 2015
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