Ti trovi davanti la copertina di “A Ritrovar Bellezza” e onestamente pensi a una qualsivoglia operazione di marketing spiccio, considerando il background di una trasmissione e di un mood. Metti in play e capisci invece di quanto coraggio ci si deve armare per affrontare una tracklist sicuramente desueta. A Ritrovar Bellezza rappresenta un piccolo spiraglio verso quella memoria musicale di cui ormai si sono quasi completamente perse le tracce. Quello che stupisce è che, a discapito di brani demodè ma sempre di gran appeal emozionale, Diodato reinterpreta le tracce con devoto rispetto. Bandite forzature, arrangiamenti arzigogolati, specchietti per le allodole. A Ritrovar Bellezza è il summit di chi il talento (musicale) lo ha davvero sottopelle e i nomi che compaiono nei credits sono tutti da inchino e plauso. Da Rodrigo D’Erasmo a Manuel Agnelli, dagli Gnu Quartet passando per Roy sino ad arrivare ai Velvet Brass, Rondanini e Lazzarotti. Dieci brani che mantengono la meraviglia del tempo trascorso.
Un viaggio in cui si rimacinano i chilometri di un tempo con la delicatezza naturale di chi ha ascoltato le sfumature e le ha fatte proprie. La Voce del Silenzio feat Agnelli vive proprio di questo. Un viaggio che risulta credibile proprio per la passione con cui si reinterpretano quei brani lasciati in un cassetto della memoria dai più. Un viaggio che assume sostanza nella misura con cui ci si approccia a queste opere, riscoprendone la meraviglia e la grandezza. Una piccola enciclopedia musicale racchiusa in trentatrè minuti, da ascoltare con il cuore che segue il moto di armonie perse e ritrovate.
Come ci si approcia a un disco come “A Ritrovar Bellezza”?
“E’ stato tutto molto istintivo. Ho sentito delle sensazioni particolari nel cantare canzoni che sono lontane nel tempo. Alcune hanno cinquant’anni e sentire quelle parole vicino a te è una cosa che ti stupisce. La meraviglia che ho provato ho cercato di condividerla con chi aveva partecipato insieme a me a Che tempo che fa. Volevo fosse un disco di condivisione, corale. E’ un album, molto distante da ciò che compongo o scrivo io, per questo volevo che tutti gli artisti che hanno dedicato tempo in questo anno fossero presenti. Ci si avvicina a questi capolavori della musica italiana con rispetto, coraggio e bisogna essere un po’ leggeri nell’ottica di provare a “far qualcosa di bello”, nel riarrangiare questi brani. Avvicinandoci noi ai brani e portando queste canzoni verso di noi”.
Parlavi di disco corale, tralasciando Rodrigo D’Erasmo e Roy Paci, troviamo Gnu Quartet , Manuel Agnelli, Velvet Brass, Rondanini e Lazzarotti . Cosa hai capito da questo viaggio comune?
“La condivisione spesso crea piccole magie, attimi unici. E’ uno degli aspetti più importanti della musica, quello di poter condividere con altri musicisti che ti portano altri altrove. Gnu Quartet hanno dato una marcia in più con delle atmosfere che non mi sarei mai sognato di andare a ripescare. Sono degli input che ti arrivano da persone con un percorso musicale differente dal tuo, vedi i Velvet Brass. Mi stimolano per scoprire parti di me. Brani così importanti della musica italiana diventano un terreno comune. Ci si viene incontro nel rispetto di questi capolavori, per lavorare sugli arrangiamenti”.
Non hai stravolto gli arrangiamenti esistenti
“E’ ciò che ti dicevo prima, siamo andati incontro ai brani in questo senso. Mentre Amore che vieni e amore che vai in E forse son pazzo, l’avevo stravolto insieme alla band, qui c’è stata l’intenzione di andare incontro a quelle atmosfere, arrangiamenti, sensazioni. Sono stato felicissimo di uscire sotto RCA proprio perché molti di quei brani avevano quella etichetta. Ci interessava giocare con quel mondo musicale. Un mondo che è stato l’apice della musica italiana. Sarebbe stato assurdo andare a stravolgere quei brani. Ci siamo lasciati coinvolgere dalla bellezza di quelle canzoni. Ho voluto riscoprire la chiave di questi brani. Puoi cantare queste canzoni una vita intera, finchè non scopri le melodie, le armonie e gli arrangiamenti, non li capisci fino in fondo, non ne cogli il segreto. Mi sono lasciato contagiare dalla loro bellezza e chissà magari nel nuovo disco ci saranno citazioni o richiami a questi brani sempre eterni. Ci terrei”.
Come siamo messi con Bindi e la sua discografia? Ho letto da qualche parte che non ne sapevi molto.
“Esatto vedi. E’ stata una possibilità per scoprire cose che non conoscevo. Grazie a Roy ho iniziato a documentarmi sulla sua discografia e sulla sua storia personale. Scoprire le difficoltà per colpa di un’Italia un po’ bigotta, che ancora oggi per certi versi rimane tale. Sentire il testo di Arrivederci e pensare che fu scritto nel 59, mi ha fatto venire la pelle d’oca. Sono rimasto sorpreso dalla grandezza degli arrangiamenti, dalla grandezza della scrittura. Questo disco (A Ritrovar Bellezza) mi ha permesso di riscoprire e conoscere tantissimo”.
Battisti no perché?
“Credo che Battisti sia stato un artista di rottura con quella tradizione, da lì è iniziato un altro percorso . Io lo adoro però ci tenevo che venisse fuori la leggerezza, la serenità di quel periodo. Ci tenevo ad andare contro corrente mostrando bellezza. Di questi tempi può anche risultare strano, ma ero stanco di sentire solo input negativi, ci sono le difficoltà vanno affrontate. Bisogna però ricordarci delle cose belle che abbiamo e festeggiarle. Queste composizioni hanno una poetica talmente immensa, sono riuscite con semplici immagini ad esprimere concetti complessi. Sono profonde e leggere. Non si tratta di superficialità, ma di vera e propria poesia”.
25 novembre 2014
Elena Rebecca Odelli |