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 IL CILE
IL CILE LA VERITÀ DI LORENZO
LA VERITÀ DI LORENZO
Lorenzo Cilembrini, cantautore aretino, classe 1981, è alla sua seconda (fatidica?) prova, dopo i discreti riscontri di pubblico del disco d’esordio, “Siamo morti a vent’anni” (n.5 nella classifica FIMI album), la partecipazione a Sanremo Giovani 2013, dove, un po’ a sorpresa, fu eliminato con il brano “Le parole non servono più” (Premio Assomusica e Premio Sergio Bardotti per il miglior testo in gara), e la recente pubblicazione del suo primo romanzo “Ho Smesso Tutto”.

Da martedì 2 settembre è infatti sul mercato “In Cile veritas”, a suo dire “un brindisi alla vita, a volte per sorridere altre per dimenticare”, con 10 inediti dove Lorenzo si racconta come in un diario (“Tutto quello che scrivo è autobiografico”), a cuore aperto e senza il timore di nascondere i suoi tormenti interiori (in un circolo però egotistico dove il disagio, la difficoltà generazionale e la critica sociale, che spesso tornavano nell’album d’esordio, qui trovano spazio solo in Liberi di vivere e, in parte, nel primo singolo Sole, cuore, alta gradazione).
Alla presentazione ufficiale del disco alla stampa, questo ragazzo dagli occhi di ghiaccio che nei suoi testi viaggia fra un disperato romanticismo (talvolta quasi masochistico) e ironica sfrontatezza, unito a un’analisi a volte spietata di se stesso e delle sue relazioni personali, si è sottoposto al tiro incrociato delle domande dei giornalisti.


Ci sono novità rispetto al primo disco?
“Dal punto di visto produttivo abbiamo avuto più tempo per lavorarci, ho potuto avvalermi della mia band chiudendoci in studio una settimana a registrare take dal vivo, ci ho lavorato molto anche con Fabrizio (Barbacci, il produttore di entrambi i dischi, ndr) e ho potuto ‘lasciar maturare’ maggiormente i testi, in termini di assonanza, consonanza e sillabe. Dal punto di vista contenutistico, sono rimasti fuori brani che a mio avviso esulano dal mio filone conosciuto, ossia partire da un mio tormento interiore per poi alzarmi e vedere le cose dall’alto per capire come si muove la società. Liberi di vivere, in questo senso, è l’unico elemento alieno a quest’attitudine. Il primo disco era composto da più chiari e scuri, qui prevalgono i chiari, da un certo punto di vista è meno nichilista e ho tentato di usare più ironia, come nel singolo estivo, Sole, cuore, alta gradazione, che inizialmente si chiamava Sole, cuore, autodistruzione”.




Il titolo stesso, “In Cile Veritas”, immagino sia ironico.
“Sì, da ‘In vino veritas’. Dopo il titolo un po’ solenne e serioso di ‘Siamo morti a vent’anni’ volevo qualcosa di più ironico, provocatorio. Nei brani ci sono riferimenti all’evasione alcolica, ma credo anche per un fattore inconscio: io sono cresciuto in Toscana, in campagna, fra le vendemmie. Questo titolo è una sorta di tributo alle mie radici, alla mia cultura”.

Ti reputi una sorta di alfiere della tua generazione?
“Assolutamente no, a me piace essere un osservatore, e poi mi piace trasferire in parole quello che vedo. Certo, mi fa piacere quando mi dicono che si ritrovano in quel che scrivo, sento come se qualcosa quadrasse; questo lavoro lo si fa per il pubblico, che decide la tua sorte. Io scrivo quello che sento cercando di renderlo più accessibile e piacevole per la gente. Ho sempre odiato la visione dell’artista che scrive solo per se stesso. Il mio sogno non era diventare famoso ma portare la mia musica alle persone”.
I giovani rapper dicono che la nuova generazione di cantautori non parlano più la lingua dei giovani. Cosa ne pensi?
“È vero quello che dicono, e non a caso io ho collaborato con rapper come i Dogo, Clementino... Io ho una visione molto diversa nell’impostare la musica. Io ascoltavo i Nirvana perché rappresentavano l’esagerazione, il proibito, la vita rock’n’roll. Oggi un adolescente con spirito ribelle magari non coglie un’emotività più criptica e soave di un Vasco Brondi. A me piace scavare nel vero, nel crudo, in maniera anche un po’ spartana”.

Nel disco ci sono molte donne, prevale il sentimento.
“Il filo conduttore è quello, e le storie che ho vissuto mi hanno cambiato la visione di ciò che è intorno a me. Sapevi di me è questo, con la sua storia lacerante e impossibile. Parlano di te racconta la fine di una convivenza, ma quando l’ho scritta ho cercato di capire cosa c’era intorno al mio vuoto, se il dolore stesso è qualcosa di temporaneo o se purifica e rafforza... Non nego che il mio scrivere sia un’autoanalisi, in futuro mi impegnerò – e già lo sto facendo – di scendere in contatto col reale anche senza partire da un mio moto interiore. Credo sia un album che abbia una circolarità, vista la positività del brano che lo chiude, Un’altra aurora”.

C’è qualche grande artista che ammiri particolarmente? 
“Ho iniziato collaborando coi Negrita che hanno creduto in me, ed è stata forse l’esperienza più bella e divertente della mia vita. Lorenzo (Jovanotti, ndr), che non avevo mai conosciuto, quando l’ho visto nei live ho capito perché è arrivato dove è arrivato; quando ho conosciuto Ligabue ho capito perché era Ligabue; ho una stima infinita anche per Vasco Rossi, anche se ho ormai perso la speranza di conoscerlo di persona... Sono artisti che non si sono mai fermati, che hanno sempre cercato di fare di più e di meglio a ogni loro prova”.

Da questo mese, i singoli verranno “pesati” sommando download e streaming (cento streaming conteranno come un download). Cosa ne pensi?
“Quando si tratta di classifiche vado un po’ in paranoia! (ride, ndr). È presto ora per dire se questo nuovo metodo possa funzionare o meno. L’evoluzione ci sarà sempre e c’è sempre stata, dal 33 giri in avanti... Se la musica diventerà una nuvola, così sia, non lo può certo impedire l’artista. Se oggi l’introito non è più quello di 10 anni fa, è doloroso ma si trovano strade alternative, darsi da fare e lavorare sempre meglio”.

Qualche cantante ti ha richiesto canzoni?
“Arisa. L’ho incontrata e questa collaborazione mi piacerebbe si concretizzasse. Sono sempre curioso quando posso lavorare con altri artisti”.

Torneresti a Sanremo?
“Sì, ci tornerei. È stata un’esperienza, per me, durissima. Alla fine è una competizione e le competizioni sono fatte perché le si vuole vincere. L’importante è avere belle canzoni, degne di quel palco sacro. Il mio pezzo lo sentivo, e mi ha fatto piacere il premio per il miglior testo, però lo avrei vissuto in un’ottica diversa con altri brani, come Cemento armato, anche se per due anni fu respinto dalla commissione selezionatrice . Quando la stampa inizialmente ti dà per favorito e vieni eliminato subito, per uno come me che assorbe molto, emotivamente si crea un po’ di squilibrio”.

Pronto per un nuovo tour, dopo gli instore?
“Lo stiamo programmando, appena avremo il quadro completo lo comunicherò nelle mie pagine social e nel mio sito”.

Tu hai un rapporto molto diretto coi tuoi fan tramite i social: su facebook hanno contribuito alla realizzazione del tuo ultimo video con l’invio di foto.
Sapevi di me è un brano molto verboso, con tanti immagini. Abbiamo così pensato di coinvolgere i fan sfruttando queste parole per cercare di far leggere questa storia”. 


Hai avuto libri come riferimento per la scrittura?
“Mi piace riprendere i libri di scuola, specialmente di latino, per cui ho una passione. Ho sempre avuto il problema, anche nei temi, di scrivere troppo e spesso mi perdevo in periodi ciceroniani. Il latino, con la sua consecutio, mette ordine ai miei pensieri e alle mie frasi, ma non posso dire di essere un latinista”. 



Andrea Grandi

4 settembre 2015


Tracklist di “IN CILE VERITAS”: 
“Sapevi di me”; “Ascoltando i tuoi passi”; “Liberi di vivere”; “L´amore è un suicidio”; “Parlano di te”; “Baron Samedi”; “Sole cuore alta gradazione”; “Maryjane”; “Vorrei chiederti”; “Un´altra aurora”.

www.ilcile.com
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