Niccolò Agliardi è cantante, cantautore, autore, poeta, narratore, e nulla di tutto ciò. Non merita categorizzazioni semplicistiche, perché è un caso a sé stante: recuperate Perfetti, dove è in grado di raccontare un amore omosessuale senza retorica e stucchevolezza, o il reading L’ultimo giorno di inverno, dove è in grado di convincerti che persino Milano sia una città splendida e imperdibile (persino in chi scrive, milanese e da sempre recalcitrante e refrattario nei suoi confronti).
Di certo è milanese, di certo è della classe 1974. E di certo è in grado di raccontare storie e, soprattutto, sentimenti (veri) attraverso le parole. Che sanno stupire, che sanno emozionare.
Come il grande pubblico, un po’ distratto, ha finalmente scoperto di recente grazie alla colonna sonora del fenomeno televisivo dell’anno, “Braccialetti Rossi”.
E il suo quarto album, scritto, composto e suonato con la band The Hills (Max Elli, Andrea Torresani, Francesco Lazzari e i fratelli Giacomo e Tommaso Ruggeri)
e sotto la supervisione di Pietro Cantarelli, prende il titolo proprio dal suo brano portante, “Io non ho finito”. Quasi un manifesto d’intenti, se associato all’ascolto, che lascia presagire nuovi e interessanti sviluppi nell’attività creativa di Niccolò. Ne abbiamo parlato direttamente con lui.
Questo è un disco molto suonato, senza elettronica né campionamenti. “Sì, è un gruppo di cinque persone che ha scelto di suonare molto prima di creare un disco, in un canale sulle colline (da qui il loro nome); le canzoni sono state registrate in un tempo relativamente molto breve, in genere, buona la prima o, al massimo, la seconda. Dietro c’è anche un uomo molto capace e attento come Pietro Cantarelli, che per molti anni ha seguito il percorso di Ivano Fossati”.
Hai dichiarato che la tua scrittura è sostanzialmente cambiata da quando lavori con questa band, così come anche la tua voce, nel canto. “È assolutamente vero. Quando sei solo, senti una grande responsabilità sulle spalle, specialmente per chi non è cantante tour court come me, soffri la sindrome di voler essere perfetto. Ricorrendo così a espedienti come l’intonatore, rischi di fare una cosa molto pulita ma abbastanza impersonale. Lavorare coi The Hills, invece, mi ha aiutato a essere totalmente senza pudore, di vivere la musica con più pancia e meno testa, e di questo, credo abbia beneficiato anche il mio canto”.
“E meno testa” sembra un’autocitazione da Più musica e meno testo del precedente album. “Giusto; se nel disco precedente quella era una provocazione, in questo è diventato una realtà. Qui c’è davvero più musica e meno testo, ma quel testo che c’è credo sia particolarmente sentito, curato e autentico”.
Tornando alla genesi del disco, è iniziata a fine estate del 2012 in un casale sulle colline del Tortonese, è proseguita in autunno a Bolgheri, in Toscana e a Natale il disco era pronto per la pubblicazione. Poco dopo, però, arriva una telefonata, la proposta di “Braccialetti Rossi”. “Quella telefonata ha cambiato i piani, fortunatamente, così come ha cambiato molte altre cose, in primis la vita mia e dei ragazzi con cui lavoro; abbiamo vissuto coi sei braccialetti rossi tutta l’estate, abbiamo suonato in posti impensabili, siamo andati negli ospedali, nelle carceri, ci siamo esibiti in Piazza San Pietro davanti a Papa Francesco in occasione dell’evento ‘La Chiesa per la scuola’... Insomma, è cambiato molto il nostro apporto – e il nostro approccio – alla musica; e credo che anche questo disco, sebbene sia nato prima dell’esperienza di ‘Braccialetti Rossi’, ne risenta di un influsso positivo; è ovvio che sia più da grandi rispetto alla grammatica che ho usato per Braccialetti, tutti e due sono però fratelli di sangue, e credo si vogliano molto bene”.
È stata la tua prima volta alle prese con una colonna sonora, com’è andata? “Mi ci sono buttato anche se non ero certo di riuscire a farcela. Quando ho capito la potenza di quella storia, non cavalcare quell’onda sarebbe stato criminale, non volevo pentirmi di niente. Ho sempre lavorato sulla forma canzone e sulle emozioni, quando ho visto la prima puntata della serie spagnola ho capito che gli ingredienti c’erano tutti e non potevo sottrarmi a quell’esperienza così rivoluzionaria e profondamente costruttiva”.
Pensi che potresti continuare a lavorare in questa direzione, magari firmando colonne sonore di lungometraggi? “Mi piacerebbe molto; finché racconti la tua storia, corri sempre il rischio di ripeterti, anche se in forme diverse; quando invece pensi di raccontare una storia all’interno di immagini o di storie altrui, allora diventa più interessante, è una piccola costrizione con la quale però scendi volentieri a patti. Per me è una forma nuova di comunicazione”.
Stai continuando a scrivere, in questo periodo? “Sì, sempre, con molto entusiasmo, spesso di notte; di giorno ci sono cose che devo fare, obblighi da mantenere e che questo lavoro mi richiede; in questo momento sono fra due mondi diversi, il mondo del lavoro e quello del sentire, che devono essere portati avanti entrambi con estrema professionalità”.
Tornando al disco, ci sono diverse collaborazioni: Emis Killa (Soltanto il vero), Ermal Meta (che firma con te il nuovo singolo, Volevo perdonarti, almeno) e Mauro Ermanno Giovanardi (Un frammento). So che per te collaborare con un artista non è mai casuale, ma un incontro di intenti e umano. “Sì. Non credo ci possano essere due persone più diverse di Emis Killa e Mauro Ermanno Giovanardi, ma sono entrambi legati a me. Emiliano sono certo che, in qualunque parte del mondo io sia, se avessi bisogno di lui correrebbe, e viceversa. Mauro è un ragazzo di 50 anni visionario, fantasioso, buffo, garbato, che ha scelto di cantare per me senza nemmeno sapere su quale canzone. Sono stato talmente fortunato ad aver incontrato in questi anni persone così belle e aver costruito legami di tale fiducia, che oggi per me collaborare è piacere e orgoglio lavorare con loro. Non ho bisogno e non voglio ganci commerciali fini a se stessi”.
Del brano Fino in fondo non c’è il duetto con Bianca Atzei, mentre ha un nuovo arrangiamento reggae, è la versione originale? “Esattamente, è la versione completa del primissimo provino che feci sentire a lei la prima volta. Mi piaceva far ascoltare la cellula primaria dalla quale è nato quel duetto che in radio è andato bene”.
La ghost track, La forza, è una piccola perla, molto ariosa e onirica. “Era nel cd di Braccialetti Rossi e accompagnava la morte di un ragazzino. È stata scritta su suggerimento del regista, Giacomo Campiotti, che aveva bisogno di una canzone che parlasse del passaggio fra la vita e la morte ma con grande leggerezza, come se fosse solo una porta verso un’altra stanza. Ho pensato che quell’immagine fosse molto poetica, mi ha commosso molto vederla legata alle immagini della serie e mi sono fatto un regalo inserendola in questo disco”.
Porterete il disco anche live? “Sì, in autunno, in piccoli teatri, che è la nostra dimensione migliore”.
So che ami molto leggere, c’è un libro in particolare che mi consiglieresti?
“Purtroppo sto leggendo molto poco in questo periodo, ma direi ‘Per una volta nella vita’ di Rainbow Rowell, una storia d’amore fra due ragazzini ma con fini molto adulti”.
Hai appena compiuto 40 anni, a me non manca moltissimo... consigli su come prepararsi per arrivare alla soglia degli “anta” nel migliore dei modi? “Organizza una bella festa con i tuoi amici, come ho fatto io; il passaggio è stato molto sereno e divertente. Corri un paio di volte alla settimana, fa stare molto bene. E comunque i 40 anni di oggi non sono più quelli di prima, siamo i nuovi trentenni. E forse anche ventenni!”
TRACKLIST “IO NON HO FINITO”:
“Io non ho finito”
Volevo perdonarti, almeno”
“Atti mancati”
“Soltanto il vero” ft. Emis Killa
“Il piano d’azione”
“Ealing”
“L’amante”
“Le parole dell’assenza”
“La sentinella”
“Fino in fondo”
“Un frammento” ft. Mauro Ermanno Giovanardi
“Io sto già con te” (bonus iTunes track)
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