Ricalcherà il palco venerdì con Babilonia per la finale della categoria Giovani. Antonio è delicato e autocritico fino al midollo. Diretto e autoironico e racconta la sua psicologia al difetto attraverso un album, “E Forse Sono Pazzo”, ricco di immagini, colori e suoni che pongono un accento nuovo alla musica.
Il Festival di Sanremo è la tua Babilonia?
Esattamente, é una Babilonia di frastuono. Posso dire che ora sto iniziando a godermi il Festival.
Hai festeggiato ieri sera?
Sì, infatti ho delle occhiaie paurose. Non sono ancora riuscito a riposarmi.
Sei pugliese di adozione e il riferimento o lŽinput musicale che lanciano i tuoi brani solo legati, in qualche modo, ai Negramaro o alla voce di Giuliano Sangiorgi vuoi anche per la tua estensione vocale, vedi "Ma che vuoi".
Giuliano mi sta mandando molti feedback positivi, abbiamo gli stessi ascolti, io cerco di reinterpretarli a mio modo. Mi é stata fatta già presente questa cosa, è un pregio per me. Il mio modo di cantare è questo. Cerco di interpretare le mie emozioni attraverso la voce, oltre che nella composizioni dei brani.
Hai unŽestensione vocale che ieri hai ben mostrato durante la tua esibizione trattenendo lŽemozione con una voce che in Babilonia è quasi soffusa.
Ho cercato di esprimere esattamente quello, perché è quello che ho sentito e sento quando ho scritto il brano e lo devo interpretare. Pensavo che Babilonia non venisse capita, invece mi devo ricredere, visti i molti feedback ricevuti.
Quando ascolto un disco cerco sempre di capire cosa mi lascia dellŽartista. Quanto Antonio é stato scritto tra queste tracce? Perché lŽemozione che traspare é una mal sopportazione di te stesso tra la patologia di mettere in ordine cose manco fossero cose della vita mia e il primo capello bianco e una ruga sul viso.
Quando ho iniziato a scrivere i brani per questo disco non volevo fossero autobiografici. La scrittura invece mi ha portato ad un’autoanalisi e ha fatto emergere parti di me. Quando sono in tensione o in un particolare stato umorale io devo ordinare le mie cose.
Quanto allora sei egocentrato?
Ti riferisci a Ubriaco vero?
Sí, perché mi ha colpito quella trama sul filo di favola tra stelle a ricamare il cielo e lacrime sul viso suo di rosa in netta composizione al lŽessere ubriaco di me.
Sono stato egoista e mi sono reso conto che questo ha ferito le persone a me vicine. É una riflessione sul mio malessere.
Sei dei pesci per caso?
No, della vergine e so che entrambi i segni sono molto cerebrali.
Ma che vuoi é lŽunico brano in cui non parli in prima persona singolare ma in plurale "ma che vuoi da noi"?
Quella canzone é stata pensata per un politico. Man mano che passavano sotto i miei occhi altri politici mi dicevo "può andare bene anche per lui" ogni volta.
Hai fatto pace con i tuoi demoni e curato le tue patologie?
Li ho messi tutti in questo disco. Diciamo che é stata una buona terapia.
Il brano che si discosta come colori e suoni dalle altre dodici tracce é proprio Babilonia, é la nuova onda di Diodato?
Diciamo che i prossimi brani seguiranno quelle linee.
La domanda più scomoda che ti é stata posta a Sanremo?
Chi é Babilonia e tutte quelle che mirano alla mia vita personale. Cerco sempre di direzionarle verso altro.
Possiamo dire che non sei indie né un neofita nel panorama musicale?
LŽindie é un bluff (portando una maglia dei Luminal). Non sono indie, lŽindie é qualcosa che non puó essere definito e non mi sono mai piaciute le scatole musicali. Per quanto riguarda il mio background musicale, mi sono approcciato alla musica molto giovane, a 12 anni. Come anche molti degli altri colleghi della categoria Giovani, ho macinati chilometri di live.
Elena Rebecca Odelli
20 febbraio 2014 |