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RAY LAMONTAGNE |
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TROUBLE |
Da qualche tempo nel mondo dello shobiz americano gira una nuova favola che, via Londra, sta arrivando piano piano anche dalle nostre parti. Una gran bella storia, tipicamente a stelle e strisce. Quella di un bambino abbandonato dal padre, che girovaga per gli States con cinque, tra fratelli e fratellastri, in balìa dei lavori sempre diversi della mamma, e che una volta cresciuto comincia a guadagnarsi da vivere facendo l’operaio in una fabbrica di scarpe del Maine.
Fino a che, una mattina, la radiosveglia lo folgora con una canzone di Stephen Stills, facendogli prendere la decisione più importante della sua vita: lasciare il lavoro quello stesso giorno, ascoltare più musica possibile e, soprattutto, comiciare a cantare.
Cinque anni dopo la registrazione del primo demo (“la prima volta in cui mi sono sentito cantare”) ci ritroviamo tra le mani, dall’altra parte dell’oceano, questo Trouble, album d’esordio di Ray LaMontagne, il prossimo eroe del rinato fenomeno del folk-rock: meno pretenzioso di Devendra Banhart e con l’aria trasandata di un Damien Rice che non ha finito le medie.
Registrato a quattro mani con Ethan Johns, già produttore di pesi massimi dell’indie americano come Ryan Adams e Kings Of Leon, Trouble inizia con la titletrack, in cui LaMontagne sfodera da subito un potente vocione alla Van Morrison (che nel proseguio del disco addolcirà in più di un’occasione) ed un suond figlio degli ascolti a cui il nostro si era dedicato dopo la “rivelazione”: Bob Dylan, Neil Young e Joni Mitchell. Segue la dolcissima Shelter, una dolce e disperata canzone d’amore di cui i molti neofiti del genere non faranno fatica ad innamorarsi. Si va avanti in un rimescolarsi continuo di pochissimi elementi (una voce malinconica e potente, un’armonica a bocca, un quintetto d’archi e l’immancabile chitarra acustica) che riescono ogni volta a creare una combinazione diversa ed emozionante. Canzoni registrate per la maggior parte in una presa diretta che non fa altro che accentuarne la sincerità. Si va da episodi di una nudità disarmante, come Burn, il piccolo gioiello che chiude l’ipotetico lato A, a pezzi più elaborati come Forever My Friend in cui un altro amore di Ray, Otis Redding, colora di soul la solida alchimia folk tra l’autore ed il suo produttore. Due tracce in particolare sembrano legate, oltre dal fatto di avere come titolo un nome di donna (ah l’amour…), dal comune destino di diventare dei classici dell’artista: Hannah e la splendida ed intensa Joline.
Chiude il tutto una delicata All The Wild Horses, con un tappeto d’archi finale, degno sottofondo per i titoli di coda di questo piccolo e (per ora) sconosciuto bel film.
Chi l’ha detto che non bisogna più credere alle favole?
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Voto: 7 |
Casa Discografica: Echo Label/Pias |
Sito Internet: www.raylamontagne.com |
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Antonio Casillo |
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23/11/2004 |
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TRACKLIST |
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01. Trouble
02. Shelter
03. Hold You In My Arms
04. Narrow Escape
05. Burn
06. Forever My Friend
07. Hannah
08. How Come
09. Jolene
10. All The Wild Horses
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DISCOGRAFIA |
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2004 Trouble |
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