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EMINEM |
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ENCORE |
La copertina di “Encore” è curiosamente simile a quella del “The Eminem Show”, ma nasconde un tremendo segreto, un po’ come il disco stesso. Basta togliere il cd dalla sua custodia per veder apparire la foto di Eminem con la pistola in bocca e uno sguardo inquietante; la metafora è palese, ma è il significato implicito a preoccuparmi di più. Eminem è diventato serio.
“Encore” parte con il solito intro, una folla che urla “Eminem” questa volta, ed entra di scena Dr Dre che lancia il beat di “Evil Deeds”; lento e aggressivo, ma niente a che vedere con l’entrata trionfale di “White America” dell’album precedente. L’esordio di Eminem in “Encore” è ancora più spento; parte con un inciso (probabilmente il più brutto che abbia scritto) e si lancia in un gioco di eco.. Che delusione! Finalmente parte la strofa ed è sempre il buon vecchio Em, ma in qualche modo la sensazione è quella che non sia al massimo, che sia bloccato in quarta. Em ingrana la quinta in “Never Enough”, la traccia due, a cui collaborano anche Nate Dogg e 50 Cent; la canzone è pura cattiveria, tetra e bastarda, ma è anche intrigante e appetibile come alcune delle canzoni migliori di fifty stesso. Il ritornello dichiara che nonostante quante copertine abbia ottenuto e quante battaglie abbia vinto, non è mai abbastanza per lui. Sarà così?
“Yellow Brick Road” è una delle canzoni più sentite di tutto Encore; qui Em affronta la “gaffe” dell’anno scorso, quando The Source tirò fuori un suo demo vecchio con delle sue esclamazioni razziste , e non solo spiega come andò la vicenda, ma allega anche delle scuse definendosi “uno stupido”. In definitiva è un buon pezzo, forse un po’ lungo, se proprio bisogna trovargli un difetto.
“Like Toy Soldiers” è forse la canzone più bella dell’album; Eminem si lascia andare su una marcia che poi per il ritornello diventa malinconica e riflessiva. Nel testo Em parla della pressione a cui è sottoposto e della lotta con Ja Rule; quest’ultima viene liquidata dicendo “non è motivo per cui ho iniziato a rappare, non è il motivo per cui sono entrato”. Segue uno dei singoli più discussi di quest’anno, per via delle sue accuse contro l’amministrazione Bush; “Mosh”, prodotta da Dr Dre, è puro fuoco lirico, una fucilata mortale dopo l’altra al suo nemico nella casa bianca, un momento fondamentale nella cultura del 2004, che, però, non sarà mai un classico, poiché, per dare spazio al testo, la musica è troppo semplice e prevedibile.
Dopo aver apostrofato The Source, Ja Rule e Bush, un posto d’onore in “Encore” spetta a Kim; a quanto pare, quando Em pensa a lei gli viene da vomitare, in inglese “Puke”. Per non dare spazio all’immaginazione la canzone si apre con dei rumori realistici di un uomo che rimette; la canzone che segue è di nuovo abbastanza lenta ed è cantata da Em stesso. Più bravo quando rappa.
In “My 1st Single” Eminem usa l’autoironia, una delle sue armi più perfide, per tener lontano i suo detrattori; il ritornello sostiene che “Questo doveva essere il mio primo singolo, ma ho sbagliato completamente tutto”. La canzone è molto sospesa e molto poco melodica, mentre il testo, ovviamente, è la parodia dei singoli commerciali e contiene alcune delle gag più divertenti di tutto l’album.
Dr Dre torna a farsi sentire per Rain Man; di nuovo la base è lenta e aggressiva, molto bella, ma Em fa fatica a decollare, nonostante il testo del “Rain Man” visto dai suoi occhi è uno dei suoi più divertenti di sempre.
“Big Weenie” non è niente di ché, “Just Lose It” la conosciamo già, quindi tanto vale skippare direttamente alla traccia numero quattordici “Ass Like That” in cui Eminem canta una canzone con il suo accento messicano, già diventato famoso sul finale di “My Band”. Il lento “Spend My Time” featuring Obie Trice e Stat Quo, è melodico, ma non siamo di fronte ad un nuovo Stan; MockingBird invece, dedicato alla figlia Hailie, ha un testo bellissimo per la sua onestà (parla anche del vizietto della madre) ed è uno dei momenti più intensi dell’album. In “Crazy In Love” Eminem si rimette a cantare; peccato, era una bella idea per una canzone.
In “One Shot Two Shot” tornano in grande stile i D12; la base intrigante, le strofe veloci e decise, il ritornello orecchiabile anche se improbabile, rende la crew di Detroit ancora più indispensabile. Peccato che Marshall li abbia chiamati solo per una canzone che per giunta ha messo in fondo all’album. Chiude la non eclatante “Encore” featuring Dr Dre e 50 Cent.
In definitiva “Encore” è un album che si merita un sette anche solo per i testi che sono sempre cattivi, divertenti e precisi; quello che invece non va sono le basi, lente prevedibili e noiose per tutto l’album, anche quando il testo è leggero e ironico. Con The Source battuta, con Ja Rule sconfitto e Kim in prigione Em non pare avere più nemici che gli possano tener testa. Tutti lo adorano, pendono dalle sue labbra e lui non deve provare niente a nessuno; per questo Encore sembra più una cosa che doveva fare, più che un disco che voleva scrivere. Preparatevi ad una delusione.
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Voto: 7 |
Casa Discografica: Interscope |
Sito Internet: www.eminem.com |
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Oliver Dawson |
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15/11/2004 |
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TRACKLIST |
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01. Curtains Up-Encore Version
02. Evil Deeds
03. Never Enough
04. Yellow Brick Road
05. Like Toy Soldiers
06. Mosh
07. Puke
08. My 1st Single
09. Paul (skit) 10. Rain Man 11. Big Weenie
12. Em Calls Paul (skit)
13. Just Lose It
14. Ass Like That
15. Spend Some Time
16. Mockingbird 17. Crazy in Love 18. One Shot 2 Shot
19. Final Thought (skit)
20. Encore/Curtains Down
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DISCOGRAFIA |
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1999 The Slim Shady LP 2000 The Marshall Mathers LP 2002 The Eminem Show 2004 Encore |
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