Solidamòr accende un sole jamaicano dentro alla testa, diffondendo caldo, voglia di ballare e far festa.
L’intento, considerando il genere, è giunto alla meta e arriva dritto al punto dal primo pezzo “Little Beat” che ci trastulla in un movimento ondulatorio. Il ritmo accelera e “Bonjour” dotata di chitarre ska-punk, più aggressive, non è meno attraente. Ma con “Balababe” proprio non ce la si fa a star fermi e <<Quanto costa, quanto costa, far la cosa giusta, rimanere senza sosta al centro della pista…>> il ritmo non ci lascia in pace e ci trascina.
L’album è lungo 14 pezzi (più una ghost), lungo il quale i ragazzi attraversano tanti stili con semplicità e classe, senza mai perdere personalità. Reggae, ska, suoni caraibici di samba, rock, insomma i Solidamòr riescono a confezionare un debutto davvero entusiasmante senza cadere nella trappola di ripetersi in ogni canzone, trabocchetto facile quando si ha a che fare con il reggae.
C’è una parte definibile “poliziesca”, che rimanda cioè a inseguimenti, a corse di ritmo e pazzia, come “Summertime”, ”Aspettami un momento”, “La Guerrila Y La Bebida”, che possiede grande fascino grazie anche alla capacità tecniche dei musicisti, che caratterizzano i pezzi con suoni di organetto tipo hammond e chitarre stridenti o uaua, il tutto un pò anni ‘70.
Bella, la sessione fiati, particolarmente in “You Hurt Me” che con il suo inizio samba-cubano e il suo tono allegro-amaro, ci colpisce proprio.
Troviamo anche delle citazioni a riferimenti imprescindibili, quali Africa Unite in “Stay My Side” e “Mano Negra” nella Trasognata “Pensierisenzavirgole”, come delle melodie classiche all’italiana quasi anni ’50, in particolare nel cantato e nei testi di “Paradiso per Noi”.
Una mistura gustosa e divertente dalla varietà di suoni e intuizioni; fresca e giovane ma forte dell’esperienza di musicisti che arrivano da nomi quali Vallanzaska, MauMau, Matrioska, Shandon... |