Pop-up di Luca Carboni è il tipico disco che metà dei pezzi li ascolteresti in loop per giorni e giorni. E l’altra metà, un po’ meno. Pop-up contiene una serie di brani immediati con ritornelli incisivi e di facile ascolto, radiofonicamente perfetti: Luca lo stesso (singolo apripista che ha dato un’impronta più che pop al disco), Milano (dal testo che richiama all’attenzione e con un finale inaspettato: “Così ho invidiato la gente che vive a Milano e le forme di vita di un pianeta lontano, e chi ha perso tempo per capire il mondo, e chi ha perso tutto per capirsi a fondo”) e Bologna è una regola (scritto con Alessandro Raina degli Amor Fou, si concentra sulle certezze della vita e la sua città non poteva restar fuori dalla lista). Se a questi si aggiungono Dieci minuti (“Nel tempo che tu ti prepari io potrei fare tutto il giro dei viali, oppure bucare e con la ruota di scorta uscire a Modena Nord”) ed Epico, due brani differenti tra loro ma che meglio di altri raccontano il contrasto tra il Luca degli anni ’90 e il Luca di oggi, il cerchio delle canzoni con una marcia in più, probabilmente, si chiude.
Gli altri pezzi, nonostante il piglio pop, risultano un po’ più anonimi nella composizione musicale, molto più validi nei testi. Ci sono le meditazioni personali (Happy e Chiedo scusa, quest´ultima liberamente tratta da una poesia della Premio Nobel polacca Wislawa Szymborska), riflessioni sulla religione (Dio in cosa crede), e sull´amore (La nostra strada, Invincibili).
La sensazione è che, comunque, il colpo di Pop-up sia stato vincente. Come sono stati vincenti alcuni dei suoi pezzi più famosi. E il consiglio da ascoltatore seriale di musica italiana è proprio quello di procedere con il “nuovo” senza mai abbandonare un po’ di “vecchio”, prediligere il concetto concreto a quello astratto. E regalare parole. Che è da sempre l’attività prediletta del cantautore bolognese.
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