Poco più di un anno fa Pietro Paletti licenziava dominus per la foolica records, cinque tracce tra pop , elettronica e indie.
Un lotto monodimensionale, per certi aspetti un po´ banalotto ma, ad essere siceri, fatto bene. Tra un Max Gazzè, Niccolò Fabi, Jovanotti e reminiscenze Battistiane. Ergo sum, in uscita in questi giorni, non cambia squadra in campo, ma mostra una maturità sia sul versante musicale che da un punto di vista testuale. Cambiamento è un intro in apparenza qualunquista, ma che snocciola il senso del disagio comune (e come non doversi confrontare?) rimarcandone le contraddizioni.
Sfiora un hype dal piglio danzereccio che riscalda i neuroni ancora raggrinziti. Portami via è un intimismo in levare. Si va oltre il dovuto codificando un grande pezzo con una specifica ballabilità raegge dub in backdrop e miasmi da Upsetters. Senza volersi bene rispetta canoni pop riannodando rullii già palpeggiati.
Bisogna dire però che se di scontato a tratti lievi è necessario parlare, è comunque uno scontato di marca. Brano da parole in faccia e fraseggi senza peli sulla lingua, con logiche ipnagogiche alla Ducktails. Ascoltatevi il testo e gettate alle ortiche i vostri pregiudizi anche se il refrain vi ricorda l´ultimo Lorenzo Cherubini.
Poi provate a miscelare le citazioni di cui sopra con un po´ di Renato Zero anni 70 e tappeti sonori leggermente trance e viene fuori mi son scordato di me. Grande, grande, grande Paletti. Sono già 20 minuti che ballo da solo in metro. A metà tappa il disco si apre ad una vena più crepuscolare in Angelina, sentimentalmente panelliana in i ricordi, nordica in le foglie, sinfonica alla Bill Fay con arabeschi morriconiani in fantasmi. Di queste tracce minimo due sono potenzialmente dei singoli. Uno stacco stilistico un po´ troppo forte. Il cantautore bresciano svela i ricami della sua tela
che in dominus erano ben nascosti, ma a mio avviso inciampa ancora in una bellezza incompiuta, in una difficoltà di sintesi finale che rende ancora tutto un meltin´pot con tanta carne al fuoco. Meglio troppo che niente, poco male. La sintesi ve la fornisco io: intelligenza, capacità nel maneggiare la materia suscettibile di troppe fragranze e sublimazioni, una filigrana ancora da delineare, ma tanto sarcasmo sociale da vendere al dettaglio.
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