Non capisco come possa piacere un tipo come Christopher Owens.
Va bene i girls, va bene il bello e dannato ruolo a cui ogni tanto dobbiamo assistere da James Dean a David Bowie fino ad arrivare a Kurt Cobain.
Capisco e comprendo gli interessi discografici nel far uscire un titolo come questo Lysandre. Ma qualcuno può dirmi sinceramente che sarà mai ? Cosa è tutto questo ciarlare nei corridoi, negli caverne più glitterate del globo e non ?
Questo Owens, questo femmineo e riverente dandy stile Oscar Wilde. Si capisce che qualcosa non va se me la prendo così tanto. Cosa c´avrò da spartire con l´omino tutto moda e che di dannato avrà qualcos´altro e non l´anima di sicuro? Non lo so. Forse è solo l´insofferenza che potrebbe provare un Hamingway se il suo Thomas Hudson si rivelasse gay o se un Nick Balane, uno dei più dritti detective della città degli angeli, fosse uno scoiattolo senza testicoli. Insomma io in Chris un po´ ci credevo quando riffava nei girls poi stop, mi è venuto un durone ai piedi, il callo dello studente mi è ricomparso ed è tornato tutto come prima e passai ad ascoltare i Temptations.
Adesso però c´è da discutere sull´esordio, dopo la stupenda prova con Hedi Slimane in “ l´ultima campagna pubblicitaria di Saint Laurent”. Ma che diamine Chris ! Un po´ di sano rock spacca budella c´è l´aveva anche Randy Newman con tutti i suoi “narratori inaffidabili” che si creava. Oppure lo stesso Gainsbourg con la sua je t´aime...moi non plus . Per questa volta te la cavi con un bel 6 in pagella. Ma solo perchè questo Lysandre mi ricorda un prog-pop fatto bene o un rock alla Knopfler o un folk-rock alla Dylan. Ma uno di quei Dylan dei primi anni ottanta, che non sapeva ancora che pesci pigliare.
Diciamo un infidels. Non certo un desire, tanto meno un blood on the track. Ma stiamo scherzando? Ma nemmeno un barlume di confronto. Pensandoci però questa “here we go again” è proprio bella e anche “love is in the ear of the listener”. I testi sono da liceo, ma non credo che il nostro volesse enfatizzare più di tanto la faccenda. Poi c´è “New York city” che ricorda london calling, ma sempre con le dovute pinze ben tenute a distanza anche perchè con Chris l´occhio ammiccante è anche acchiappesco, come direbbe Proietti. Diciamo che si è divertito a fare il singer e che ha un ambrato futuro come modello? Potrebbe, ma io di pose non ci capisco un tubo. “Riviera rock” è Criolo che si diverte a fare Peter Tosh, ma in realtà è sempre lui, il gelatinoso biondo belloccio.
In Italia un pezzo del genere Enzo Avitabile lo farebbe con la sola mano sinistra, stringendo nell´altra un panino con salsiccia e friarielli e tenendo il tempo con i piedi scalzi su una spiaggia fresca del Tirreno. La title track è orrenda. Devo saltare a quella successiva ogni volta. Povero Chris, mettiamola così: probabilmente voleva realizzare il suo graceland e invece gli è uscita una versione folk di Robbie Williams. Nota positiva il grande Vince Meghrouni al flauto, sostanzialmente il valore aggiunto di tutto questo gran dire è lui. Bravo Vince, hai fatto un disco della madonna. E poi c´è il sax molto Clarence Clemons poco Steve Mackay. Sono i due elementi che reggono la partita.
Il resto è tutto un po´ bofonchiante, mellifluo e lezioso. Se a tratti può dare l´impressione di toccare il cielo, in realtà è un ammiccante gioco di accordi scontati che bene che vada vi fa uscire contenti dalla macchina dopo una giornata di lavoro, senza prendere la scossa. Questo per chi ascolta l´album almeno tre volte in tre giorni diversi, provare per credere. Per chi lo ascolta solo una volta allora non preoccupatevi, non è proprio Robbie Williams e nella vostra playlist mattutina inseritelo pure questo Lysandre, tutt´al più vi pentirete di averlo fatto, se proprio non vi piacerà. |