È così, passiamo il tempo a guardarci dentro, a chiederci il valore di quello che stiamo vivendo, provando o anche solo cercando appigli che dimostrano che le attese valgano le nostre rughe sul viso. Intanto gli anni sono andati, abbiamo scommesso troppo o male sul nostro potenziale. Abbiamo inondato la testa dentro parole, fotografie, viaggi e ricordi, rimanendo immobili in quel passato immutabile. Abbiamo continuato a guardar fuori dalla stessa finestra con la speranza infantile che l’attesa sia valsa la pena che quel piccolo rimpianto sia diventato una promessa,che quella voce fioca al sapore di speranza sia ormai evaporata, senza più bussare alla nostra porta. Quanti chilometri hai macinato solo per incontrare ancora i suoi occhi, che era ormai l’alba quando le vostre parole riuscivano a intrecciarsi e quei suoni nascosti dal mondo, tu le consumavi cercando di memorizzarle per sempre. È così, e ascoltare questo disco è andare avanti tenendo la mano a qualcosa di saldo,o lanciarsi senza guardare, è avere fiducia ne La Fame di Camilla, una fiducia che sai essere ben riposta, un viaggio, una crescita, una rivoluzione verso le stagioni dell’amore, verso le attese, uno sguardo verso quello specchio dell’Io per capirsi, per capirti, è abbandonarsi ai ricordi di una vita che ti ha già portato qualche scelta decisiva, qualche solco indelebile non solo sul viso: crescere consapevolmente. Ed è inutile chiedersi cosa farà quel tu lontano, quell’amore passato, perché sai che la tua mano ora è tesa verso una vita nuova, un tu cosciente dove non ci sono né santi, né eroi, né mostri, è il momento che anticipa il viaggio per questa nuova vita, è il navigare senza vele, il passo che stai per compiere per tutte le battaglie in cui hai sempre creduto, è solo un’altra sorprendente avventura.
L’Attesa, il secondo disco de La Fame di Camilla, è il cubo di Rubick che ognuno di noi vorrebbe risolvere, è il viaggio di astronauti, è l’altalena di umore e sensazioni,è il giorno in cui ci siamo scontrati e poi ritrovati l’ultima volta, gli occhi gonfi ascoltando “Niente che ti assomigli”, è sentire i pensieri volteggiare ai primi accenni di “Astronauti”, è il desiderio sensuale muoversi al suono di “Giuda”. La voce di Ermal Meta ti taglia in due, ti obbliga a sperare che una di quelle parole prima o poi siano adolescentemente per te, scritte segretamente in qualche diario o in qualche lettera. Gli arrangiamenti, le melodie si sciolgono in abbracci caldi e in colpi, pugni dolcissimi che forse non ti aspettavi ma che risvegliano i sensi. Un’attesa che sicuramente ha portato una crescita umana e musicale nel gruppo pugliese. Parole scelte meticolosamente, mai mediocri, che riconfermano l’assoluta abilità autorale di Ermal Meta. Tuttavia ciò che colpisce più di tutto è il timbro, l’impronta che che La Fame di Camilla riesce a scegliere e detenere fino a farlo diventare il suo carattere peculiare musicalmente. Suoni targati La Fame che marchiano bene l’identità del gruppo che ne regalano una versione internazionale non perdendo il loro stampo italiano. Caparezza disse “il secondo album è sempre più difficile nella carriera di un artista”, non lo si può dire per La Fame che si riconferma essere quella carta vincente nel panorama musicale italiano da sfoderare a tempo debito, per vincere la partita.
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