I Kings of Leon si sono ritagliati un sicuro spazio di alfieri del rock che mette d’accordo tutti, dai nasi sopraffini che subito fiutano cattivi odori di fregatura ai figli di Mtv che vivono secondo la Bibbia dell’heavy rotation; è per questo che i loro concerti sono sempre sold out, è per questo che si sono guadagnati diversi riconoscimenti tra cui quello di Migilor Band Internazionale ai Brit Awards e 4 prestigiosi Grammy, tutti in merito alla pubblicazione del disco-evento “Only By The Night”, ed è per questo che l’attesa per questo quinto album era più che febbricitante. “Come Around Sundown” è un disco lungo (13 tracce) e languido; si apre con The End, che per ritmiche e tonalità potrebbe benissimo essere stata estratta dal suo predecessore, ma continua con un’avventura tra generi e stili southern rock (l’elettrica Radioactive, le armonie anni ’60 di Mary, la rurale Back Down South) tenuta insieme dal grandioso carisma di Caleb Followill e dai consistenti e monumentali muri di chitarra, basso e batteria che costituiscono il premiato marchio Kings Of Leon. Con “Come Around Sundown” i fratelli Followill continuano a percorrere il percorso tracciato da “Only By The Night” e lo portano avanti, con disappunto dei vecchi fan ma parimenti piacere da parte dei nuovi accoliti; se la novità e il brivido caldo non sono certo di queste parti, c’è però da sottolineare come poche band riescano oggi a confezionare atmosfere seduttive e a radunare fan tanto differenti come i Kings Of Leon – che saranno ‘facili’ e ‘svenduti’ e ‘furbetti’ quanto vi pare, ma almeno lo fanno con grande stile. Soprattutto dal vivo.
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