Il folk contemporaneo deve molto a questa band di Philadelphia, capace di intessere veli leggeri e creare zone d’ombra riposanti ispirandosi agli anni ’60-‘70. Ascoltare “III” potrebbe benissimo riassumersi nell’espressione “che pace”, perché l’anima corrotta dalla malinconia qui sembra lievemente rasserenarsi e prendere il volo verso l’infinito, tra pischedelie pizzicate e melodie duettate. L’apertura I Can’t See Clear è tormentata, l’elettrica That Which Darkly Thrives incede solenne, la medievale Meridian e la languida Caroline, tutte le tracce sembrano senza un definito tempo. E così “III” (gemello espansivo di “II”) rappresenta senza mezzi termini l’ascensione del folk verso il sublime. |