Se anche voi come noi non ne potete davvero più di tutti questi revival anni ’80 neanche tanto mascherati, se anche voi vorreste compiere un colpo di stato contro lo strapotere del sintetizzatore, se anche voi sentite la mancanza di canzone intelligenti (il caro, vecchio art pop) sarete allora probabilmente piacevolmente sorpresi da questo debutto giocherellone e dall’immediatezza irresistibile.

I Wave Machines vengono da Liverpool (natali importanti) e hanno poche, chiare linee guida: fare musica che sappia far divertire, non tradire la religione del ritornello facile facile, recuperare con personalità.

E così riscrivono a modo loro tutta una serie di influenze che vengono direttamente dalla decade più controversa della storia della musica, gli anni ’80, l’elettrodance, le tastiere dai toni infiniti e dalla serie limitata di note, l’effetto videogame, addirittura i battiti di mani, e, perché no, il falsetto esasperato alla Bee Gees. Il risultato è che non potrete restare immobili o girarvi dall’altra parte, perché i Wave Machines sono furbi, molto furbi, e sanno come acchiappare l’attenzione.

Lo fanno da subito in You Say The Stupidest Thing, inscenando una cantilena quasi malinconica e languida se non fosse che “dici delle cose davvero stupide”. Continuano in Carry Me Back To My Home, innalzando un muro orchestrale manieristico e grandioso, per poi scivolare nel revival puro di I Go I Go I Go, un gioco palesemente citazionistico del magistero keyboard, seguito dalle linee di basso ipnotiche di Keep The Lights On. Tutto fa pensare agli Hot Chip migliori, eppure i Wave Machines sanno come confondere le acque. Sì, perchè qui “Wave If You’re Really There” subisce una svolta con la ballad Punk Spirit, inattesa e pure un po’ improbabile (where’s my punk spirit when I need it?), ma niente paura: a seguire torna tutto nei ranghi dell’upbeat. Fino alla chiusura Dead Horses, ripetitiva e costruita su pochi semplici accordi di chitarra e compendio-specchio all’esordio di You Say The Stupidest Things. Il cerchio si chiude. Il dancefloor si svuota. Fate un cenno con la mano se ci siete per davvero: noi ci siamo.