“West Ryder Pauper Lunatic Asylum”, a.d. 2009, è il fratello ribelle di “Kasabian”(2004), o se preferite è l’allievo che supera il maestro; di quell’esordio brillante, acido e infuocato mantiene il senso psichedelico e lisergico che pervade il rock della band di Leicester, oltre al gusto innato per i must irrinunciabili da dancefloor e quell’aura glamour che eleva il conflitto, la denuncia del malessere sociale e l’irrequietezza a vessilli di una nuova generazione confusa e allo sbando. Di nuovo introduce una ricchezza di suggestioni e impressioni che rendono questo album una carrellata cinematografica, un concept alla vecchia maniera dove il percorso dalla prima all’ultima traccia non prevede skip. Il precedente “Empire” non è stato un incidente di percorso, ma una evoluzione meno consona ai Kasabian, che davvero bene sanno fare una cosa: incendiare.

Che il fuoco sia con voi, allora. Dall’ingresso tiratissimo di Underdog alla coscienza civile non rassicurante di Where Did All The Love Go?, passando per il duetto perverso e folle di West Ryder Silver Bullet con Rosario Dawson fino ad arrivare alle autentiche micce esplosive: il delirio sperimentale di Vlad The Impaler, un turbo-rock fatto per chi “sa stare al passo coi Kasabian” e che martella senza pietà pretendendo una sola cosa: get loose, get loose; e infine il detonatore Fire, che innesta sull’incedere epico un feticcio electrorock a cui nessun tessuto può resistere. Chiude il circuito della follia la nota struggente e vagamente gospel di Happiness, uno squarcio di luce in fondo al tunnel.

18 mesi di gestazione che hanno trovato una vitalità insperata grazie all’intervento alla produzione di Dan The Automator, e che condensano quella scarica soffocante di una band nata per stare sul palcoscenico che all’improvviso si ritrova a casa senza nulla da fare.

La creatività convulsa di Serge Pizzorno ha qui messo a dura prova la voce di Tom Meighan, che però regge le tensioni e sfilaccia i nodi costrittori che sembravano aver ingabbiato i Kasabian, restituendoci una delle migliori band che si possono propriamente definire ‘alt’ in circolazione.