Slim Shady, Marshall Mathers, Eminem … Dopo aver fatto la conoscenza con le tre “stage personae” più controverse e scomode della storia della musica moderna ci rimaneva solo da spiare dal buco della serratura quello che passa per la testa dell’unico rapper bianco rispettabile e rispettato dell’hip hop.
Quale occasione più golosa della personale discesa agli inferi di Eminem tra abuso di pillole, antidepressivi e centri di riabilitazione, guarda caso concomitanti con vicissitudini personali dolorose (l’ennesimo fallimento con Kim, la morte dell’amico Proof e i guai del fratello) e con le voci sempre più insistenti del definitivo tramonto della sua stella. Il ragazzo di Detroit, invece di andare a fondo, si è rimboccato le maniche e ha usato quel che gli è successo per farne un nuovo mondo creativo: “Relapse”.
Non ce l’ha più con Bush, con il sistema, con le donne e i gay (solo per citare alcuni dei suoi bersagli preferiti) ma punta dritto contro di sé il dito e rielabora in un percorso di 20 tracce la trappola delle dipendenze, spiegando, giustificando, scomponendo e ricomponendo i pezzi, e lo fa con il consueto piglio tagliente e caustico. Flow sicuro che non perdona, più azzardato e incattivito proprio perché è lui stesso il colpevole questa volta e l’amico Dr Dre alla produzione che butta basi minimali e ridotte all’osso così da far risaltare il vero protagonista: Eminem.
I demoni dell’incoscienza di 3 am si fanno seguire dalla dichiarazione di odio/ammissione di colpa di My Mom, dove il rapper suo malgrado ammette di essere così debole perché anche alla madre le droghe hanno sempre fatto compagnia, il mostro dentro di Stay Wide Awake fa da contraltare allo spiritello monello di Must Be The Ganja, con questa volta protagonista la marijuana, insomma: Eminem non risparmia scorci intimi e per la prima volta, con gli strumenti che conosce, ci fa guardare cosa gli accade dentro. We Made You, bridge necessario tra il nuovo Eminem e il folletto sferzante che eravamo abituati ad ascoltare, è il classico pezzo che lista nomi dello showbiz e li sbeffeggia senza pietà, smascherando i meccanismi perversi dello star system, ma forse è un po’ fuori luogo in questa occasione. Underground, che chiude “Relapse”, è un’operetta horror tiratissima, tra archi oscuri, beat ripiegati e un flow più sincopato che mai.
Perché un album così? Perché spiazzare, perché cambiare le carte in tavola? Lo spiega in Old Times Sake: “One more time for old time’s sake / Dre, drop that beat and scratch that break”, I vecchi tempi non si dimenticano facilmente e anche noi ce li ricordiamo benissimo: “The Slim Shady LP”, “The Marshall Mathers LP”, “The Eminem Show”. Ma se andate cercando quei tempi resterete delusi, sconcertati: qui Eminem viaggia su un livello superiore, e pretende un pò più di empatia per essere compreso e apprezzato. Se vi sforzerete di fare quel salto di qualità richiesto, e smetterete di esigere Lose Yourself in ogni brano, scoprirete un rapper degno di aver fatto storia.
1. Dr. West (skit)
2. 3 a.m.
3. My Mom
4. Insane
5. Bagpipes from Baghdad
6. Hello
7. Tonya (skit)
8. Same Song & Dance
9. We Made You
10. Medicine Ball
11. Paul (skit)
12. Stay Wide Awake
13. Old Time�s Sake
14. Must Be the Ganja
15. Mr. Mathers (skit)
16. D�j� Vu
17. Beautiful
18. Crack a Bottle
19. Steve Berman (skit)
20. Underground/Ken Kaniff (We Made You Reprise)
DISCOGRAFIA
2009 - Relapse
2004 - Encore
2002 - The Eminem Show
2000 - The Marshall Mathers LP
1999 - The Slim Shady LP
1996 - Infinite
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