Siamo alle prese con il terzo disco da studio della formazione britannica del nuovo millennio. Dave, Andy e Martin hanno generato un ´suono universale´, un insieme di elementi che rappresentano l´indiscussa anima elettronica del nostro pianeta. Da un punto di vista lirico
non ci sono più i riferimenti Biblici come nel precedente "Playing The Angel" (2005), ma è un disco dal forte impatto spiritual. Un progetto che ha impegnato la band per molti mesi, aiutata in questo percorso dal produttore Ben Hillier, che è stato in grado di conferire una solida cornice ermetica all´intera struttura musicale. Una sorta di incontro tra suoni del passato, ricreati con strumenti vintage acquistati in maniera ossessiva da Martin Gore,
e il presente, per sviluppare tessiture senza tempo adattabili ad ogni generazione. Scorci dark, riverberi electro ossessivi, ma anche sprazzi armoniosi.
Un mix tra elettronica e rock, una dimensione genetica naturale per i Depeche Mode, che album dopo album portano ad un livello superiore. |