Siamo giunti al quarto… E il quarto album, ahimè al giorno d'oggi vuol dire che si è non solo bravi, ma che si è anche stati abbastanza intelligenti da sfuggire alla logiche di mercato che fagocitano giovani band facendole apparire ma senza farle ascoltare e conoscere. Sin dall'inizio, anche se giovanissimi i Verdena hanno promesso tanto, mantenendo poi tutte le ispettive fino ad arrivare alla maturità di suono col precedente "Suicidio Dei Samurai", e poi? Poi come creature intelligenti, fanno un balzo inaspettato rimettendosi totalmente in discussione. Grazie soprattutto al talento di Alberto che come solista e due quarti della band condiziona inevitabilmente con il proprio genio creativo i pezzi portando alle situazioni più camaleontiche proprio se stesso, la sua voce e la sua chitarra. Questo disco è in definitiva bello. Inizia facendo risuonare quella definizione di Nirvana italiani, con un suono denso, sporco e scuro. Ma ci lasciano sorpresi con cambiamenti bruschi di direzione nell'indefinibile apertura di Canos o nella malinconica aggressività di Angie, per non parlare della vintage Muori Delay. Fasi grunge-psicadeliche nelle lunghissime e intensissime Il Gulliver e nell'ultima Sotto Prescrizione del Dott. Huxley. Sono tutte di qualità le canzoni di questo album e davvero non si può che rimanerne attratti per il loro fascino indiscutibile e misterioso. Un talento che brilla e che con Requiem dimostra di non fermarsi, avido di ricerca. Un'inquietante altalena di sensazioni imprevedibili
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