Dio benedica New York, non mi stancherò mai e poi mai di dirlo! Perché ci ha dato gli Interpol, gli Scissor Sisters, gli Yeah Yeah Yeahs e chi più ne ha più ne metta (e ce n’è); e perché oggi mi ha dato i Rapture. “Pieces Of The people We Love”, secondo album del quartetto di Luke Jenner, è una ulteriore conferma che questi bravi ragazzi sanno il fatto loro e non si risparmiano in nulla, attestandosi come tra le personalità più interessanti e sarcastiche della scena post-punk. La parola d’ordine è disco-punk, da cui si declinano poi terminazioni di elettronica berlinese (quanto piacerebbe First Gear a Peaches!), psichedelia sintetica (Live In Sunshine), indie dance (Don Gon Do It, con quel bridge che ti si incolla in gola e ti solletica impertinente come un capello sulle tonsille); la lezione dei Talking Heads è palpabile in The Devil, ma è con Whoo! Alright – Yeah … Uh Huh che chitarre e tastiere vengono portate in trionfo. Dietro ci sono Danger Mouse (Gorillaz e Gnarls Barkley gli devono come minimo favori su favori), Paul Epworth (Bloc Party) ed Ewan Pearson, il che certo è una bella garanzia, ma il merito di aver dato vita ad un album all’altezza dello straordinario “Echoes” è solo loro. Ditelo a tutti, non lesinate e ballate, ballate e ancora ballate! |