Lo sguardo sinistro dei Tool ripiomba a perturbare le nostre menti e notti. Il nuovo lavoro “10,000 Days” è un rituale tribale con riti propiziatori di matrice metal-rock, con maglie oscure che s’insinuano nell’equilibrio psico-sensoriale dell’ascoltatore.
Chitarre che feriscono come lame affilatissime, ritmiche ossessive che alterano la percezione dell’anima. Un disco impetuoso che provoca reazioni, un suono che non lascia indifferenti.
Lunghi percorsi sonori intercalati da una voce profonda e minacciosa, con repentine accelerazioni e sferzate trasversali indomabili. Abbiamo aspettato sei anni per ascoltare il follow-up di “Lateralus”, l’attesa non è stata delusa. I Tool hanno elaborato ed evoluto la loro percezione audio-visiva della società, affinato la tecnica di espressione, realizzando un album si spessore, musicalmente scrupoloso, liricamente complesso.
Atmosfere misteriose, un incalzante e ansiolitico percorso scosso da violenti sussulti. Affascinante nel suo incidere. Anche la copertina merita il giusto riconoscimento: due lenti per uno straordinario viaggio psichedelico.
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