Album di debutto per i Goldrush, che si affacciano timidamente sulle scene con il disco “Don’t Bring Me Down” . Un lavoro che arriva dopo il singolo del 2001 “Love Is Here”. La formazione di Oxford si affidata alle chitarre acustiche ad un’elettronica sopita , quasi nascosta per deliziare gli ascoltatori , che ascoltando queste dieci canzoni potranno conoscere e valutare attentamente questo nuovo progetto.
Dopo un primo approccio, si nota la ricerca di un sound che si posiziona in una posizione centrale tra la musica offerta dai Turin Brakes e il rock gravitazionale degli Spiritualized. Un compromesso riuscito, che prende concretamente forma in brani come "Same Picture", il pezzo che apre l’album indica la strada intrapresa dal gruppo; "Best Intentions”, composizione soft, educata , ma rimarcabile, o “Pioneers”, l’anima più dark del set. Il disco offre due distinte visioni : pezzi upbeat come “Wide Open Sky” e capitoli più morbidi e ipnotici alla “Let You Down”.
Melodie che rendono questo CD fragile, elegante e sincero; in poche parole un lavoro pulito, che riesce senza funamboliche invenzioni elettroniche o sonorità nu-metal, ad avere un suo spazio nell’immenso mare della musica. Un disco senza tempo , composto da buone canzoni pop, che trattano di amore , delusioni e dubbi personali; capace di fornire ai fan della indie music altro materiale da ascoltare, direttamente realizzato dal quintetto britannico, band con enormi potenzialità che ancora deve sviluppare, tutte da rivalutare nel prossimo impegno.
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