Ci sono cose su cui nessuno scommetterebbe mai volentieri; come sul talento evidente di una incantevole creatura bionda con occhioni blu, sull’immediatezza garbata ed intelligente della musica pop norvegese, sulla indiscutibile godibilità di un disco segnalato dall’élite di quelli che si individuano come “esperti” di musica. Nel caso di Annie la scommessa sarebbe tre volte persa. Annie è fantastica e pure brava, il suo pop targato Bergen è un trend assicurato ed “Anniemal”, il suo album di debutto, è godibilissimo, per tutti. Accostata in patria a Kylie Minogue, Annie non è certo la Venere dea di un universo aggressivo e peccaminoso, anzi; il mondo di Annie è coloratissimo, divertente, giocoso, ammiccante ma al sapore di milkshake alla fragola, come un forte profumo di cocco e vaniglia che si sente spandere in spiaggia in una calda giornata di sole. Con le ossa irrobustite facendo la DJ (tanto per intenderci, questa sa bene quello che fa, e non è certo la bambolina), Annie in “Anniemal” fa vedere la parte cerebrale di un universo prettamente femminile, fatto di frivolezze, leggerezze e vanità ben ponderate, accompagnate da una buona dose di ironia e da una colonna sonora di fondo elettronica retrò. Sssh, let’s start the record, ci intima suadente e decisa Annie. “Chewing gum”, patti chiari amicizia lunga, lunghissima: qui non ci si prende sul serio, dove tante altre signorine avrebbero giocato la facile carta della sensualità esplicita, Annie si gioca quella del gioco pericoloso, quello che sdrammatizza ed intanto ti incastra. Che siamo preda del suo canto mellifluo è evidente nell’oscura “Always too late”, come dal fatto che ondeggiate a destra e a manca girando pugni e gomiti in “Me plus one”; con “Heartbeat” (prodotta dagli amici Royksopp ed eletta da molti critici quale Singolo del 2004) è fatta, siete circondati da tendine di zucchero, ci manca solo il brand di Hello Kitty per sentirvi bambine di tendenza. Scale discendenti e tonalità elettroniche che si contano sulle dita di una mano in “Helpless for love”, il minimal da cartoon continua in “Anniemal”, negli anni 80 di “Happy without you” e nella daftpunkiana con l’arpa “The greatest hit”. Quando si arriva all’ultima “My best friend”, inaspettatamente triste, si ha solo voglia di ricominciare, intrappolati nella tela di lusinghe di Annie, che non sarà la Kylie Minogue del Nordeuropa come i suoi connazionali vorrebbero farci credere, ma è una gran bella scoperta. Avvertenze: “Anniemal” non è disco da avventura di una notte e via; qui si rischia di innamorarsi … |