Con “Left Of The Middle” e, soprattutto, grazie al brano “Torn” divenne uno dei fenomeni pop di fine millennio. Poi ci fu il mezzo flop di “White Lilies Island”, motivato forse anche dalla lunga assenza dalle scene di Natalie (quasi quattro anni) e, ancora una volta, di lei si persero le tracce. Ora l’ex attrice australiana ha deciso di ritentare la carriera di cantante, con l’aiuto di Ben Hillier alla produzione (Blur, Doves) e di due ospiti speciali, Daniel Johns dei Silverchair e Davin Kosten dei Faultine. “Counting Down The Days”, francamente, sembra una collezione di canzoncine annacquate per cuori infranti, sulla falsa riga delle trovate dannatamente pop, ma intelligenti, del primo disco. L’attacco di “Starting Today” è troppo simile a quello della già citata “Torn”, mentre “Satisfied”, a partire dal testo, risulta fin troppo melensa. Non convince del tutto neanche la titol-track, che dopo un inizio che vede protagonisti piano e voce, si perde tra le note di un ritornello assai scontato. Le cose vanno leggermente meglio con il singolo “Shiver”, accattivante ed orecchiabile al punto giusto e con la delicata “On The Run”, che riesce a regalare qua e là qualche emozione, come pure la finale “Honeycomb Child”, sicuramente la migliore dell’album. Nonostante le vada riconosciuto un notevole miglioramento dal punto di vista vocale, questo terzo album non riesce a decollare perché privo di personalità. Se vogliamo dircela tutta, si ha l’impressione che Natalie si sia dedicata un po’ troppo alle strapagate campagne pubblicitarie della L’Oreal (di cui è la testimonial), a discapito di quello che poteva essere un interessante ritorno sulle scene in veste di cantante. |