Quando la virtù e la creatività trovano come sbocco la musica è possibile trovarsi di fronti a scenari che fanno sognare e creano atmosfere uniche, superiori che vanno ben oltre alle semplici percezioni uditive ma diventano anche immagini, gusti e sensazioni. Uno di questi, ormai sempre più rari, esempi è “ What We Must “ nuova architettura sonora ideata dai Jaga Jazzist. La poliedrica ensamble norvegese composta da 10 elementi ancora una volta si cimenta nella elaborazione di tracce sonore strumentali tra jazz e suoni moderni dall’impatto, epico e di grande veemenza e passionalità. Il suono dei Jaga Jazzist, guidati e diretti da Lars Horntveth, attraversa i confini della musica contemporanea: un arsenale sonoro che comprende trombe, trombone, chitarra elettrica, basso, tuba, una coppia di clarinetti basso, un piano Fender Rhodes, un vibrafono e un set di elettronica che però rispetto alle passate produzioni tende a relegarsi sempre più in secondo piano rispetto alla musica suonata. Per questo nuovo “ What We Must “, il loro quinto album ancora una volta licenziato per Ninja Tune, i dieci nordici ragazzotti virtuosi perdono il suffisso Jazzist e rimangono solo Jaga ma non perdono la loro essenza. Una scelta non so se definitiva o solo un capriccio stilistico che non sposta l’asse magico della loro musica. Sette tracce per 46 minuti di musica tra visoni , progressive, free jazz, sperimentazioni ed echi tra Tortoise, Aphex Twin, Talk Talk, Squarepusher ma anche Soft Machine, Cinematic Orchestra, Motorpsycho… Senza dubbio tra le più grandi big band jazz dell’era moderna… |