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| LOU BARLOW | ||||||||
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| EMOH | ||||||||
| Riesce davvero difficile parlare di questo "Emoh" come del “primo album di Lou Barlow”. Quando un disco porta la firma di un monumento del rock indipendente americano degli ultimi quindici anni, giustizia vorrebbe che solo il nome e cognome bastassero come garanzia per un acquisto a scatola chiusa. Tuttavia stavolta stiamo al gioco del quattrocchi di Daytona, e proviamo ad avvicinarci a questo album senza aspettative preconfezionate. Sin dalle prime due tracce "Holding Back The Years" e "Home" vengono alla luce tutti gli elementi che messi insieme fanno dei cinquanta minuti di questo Emoh un’esperienza rigenerante ad elevato rischio di amore al primo ascolto: una voce calda e confidenziale, architetture scarne in cui tra gli strumenti acustici si insinua a volte una drum machine mai fuori posto e soprattutto una scrittura nuda ed ispirata. "Legendary" e "Puzzle", due splendide canzoni d’amore, sono le perle più pure di una preziosa raccolta in cui Barlow, proprio come nella casa evocata nel titolo del disco, si muove in assoluta libertà tanto da includervi una b-side dei suoi New Folk Implosion (quella Caterpillar Girl che sembra grunge senza elettricità) e "Round’n’Round", una cover dei Ratt, dimenticata band Heavy Metal di Los Angeles in voga negli anni ’80. Le liriche dell’ex Dinosaur Jr. si muovono soprattutto nei dintorni dell’amore, un sentimento davanti al quale l’io lirico si mostra sempre senza alcuna difesa, con tutto ciò che questo comporta, sia esso gioia o dolore (in between my shadow and your light, i did lose you - da Puzzle). L’amore come forza rigenerante che ogni volta “riazzera” la vita facendoci tornare alle origini (Monkey Begun). L’amore che prescinde da tutto, anche dalle sacre scritture, così come racconta il vero papà di Gesù (altro che arcangelo Gabriele!) in Mary: we kissed and we lose control / the oldest story never told / crazy Mary you’re forever divine / they’ll never know the baby’s mine. Le uniche, seppur parziali, deviazioni al tema dominante le troviamo in "Morning After Me", una ballata acida che ripercorre il flusso di coscienza di un soldato in guerra (a crack in the brunches hung from the family tree), e nella finale "The Ballad Of Daykitty", che riporta il tutto all’esperienza domestica con una dichiarazione di incondizionato amore per uno dei gatti di famiglia scappato da casa. "Emoh" è insomma l’album della maturità di Lou Barlow: un’artista a cui spesso è stato (con qualche ragione) rimproverato il fatto di sperperare il proprio talento in una pletora di progetti senza uno spessore consistente. Ma è soprattutto un modo per ristabilire un minimo di quella giustizia di cui sopra e riconsegnare finalmente lo scettro del lo-fi nelle mani di uno dei suoi pionieri. |
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| Voto: 8 | ||||||||
| Casa Discografica: Domino Records | ||||||||
| Sito Internet: www.loobiecore.com | ||||||||
| Antonio Casillo | ||||||||
| 17/02/2005 | ||||||||
| TRACKLIST | ||||||||
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01. Holding Back the Year 02. Home 03. Caterpillar Girl 04. Legendary 05. Royalty 06. Puzzle 07. If I Could 08. Monkey Begun 09. Morning's After Me 10. Round-N-Round 11. Mary 12. Confused 13. Imagined Life 14. Ballad of Daykitty |
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| DISCOGRAFIA | ||||||||
| 2005 Emoh | ||||||||
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